Dimensioni del disagio abitativo e strategie di intervento. Il caso di Bologna. Uno studio Nomisma

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Cresce significativamente il disagio abitativo nelle grandi città italiane del Centro e del Nord e arriva a coinvolgere almeno una famiglia in locazione su due e quasi una famiglia su quattro tra quelle impegnate nel pagamento di un mutuo. Tra le cause del fenomeno c’ è il forte accentuarsi negli ultimi vent’ anni della dinamica dei valori immobiliari (+164% i prezzi e +105% i canoni) su quella dei redditi (+18%).

Gli effetti della crisi sull’ occupazione e sul reddito non consentono di ipotizzare una riduzione significativa del divario creatosi, nonostante la recessione che caratterizza da oltre un anno il settore immobiliare. Sebbene la dimensione del fenomeno imponga l’ adozione di urgenti misure di contenimento del disagio, risultano ancora inadeguate le politiche volte a garantire risposte immediate all’ emergenza abitativa e la diminuzione graduale dei trasferimenti riduce ulteriormente lo spazio di manovra agli Enti locali.

A Bologna si calcola che il 75% delle famiglie in affitto sostenga un canone di locazione superiore al 30% del proprio reddito disponibile (soglia di sostenibilità fissata da Banca d’ Italia oltre la quale gli Istituti di credito non sono disposti ad erogare prestiti). Si stima inoltre che siano oltre il 50% le famiglie bolognesi per le quali l’ incidenza dei canoni di mercato sul reddito risulterebbe superiore alla soglia del 30%.

La dinamica dei canoni locativi è risultata, nell’ ultimo decennio, particolarmente accentuata. In linea con la tendenza generale del mercato immobiliare italiano, anche il comparto della locazione residenziale si è caratterizzato per una cospicua crescita dei valori di riferimento. Esaurita la parentesi recessiva, che aveva colpito il settore tra il 1992 e il 1997, in seguito allo scoppio della bolla speculativa che aveva gonfiato le quotazioni immobiliari all’inizio degli anni ’90, il mercato immobiliare italiano è entrato in una lunga e robusta fase espansiva arrestatasi solo a fine 2007, a poco più di dieci anni di distanza.

Il consistente incremento dei valori immobiliari non è risultato un fenomeno circoscritto al segmento delle compravendite residenziali, ma ha finito per caratterizzare il mercato immobiliare nel suo complesso. In un orizzonte di medio – lungo periodo, in cui si sono alternate fasi riflessive ed espansive, il settore immobiliare si è significativamente apprezzato rispetto alla capacità di spesa delle famiglie. La modesta crescita dell’ economia, associata alla progressiva contrazione del numero di componenti per ogni nucleo, da una parte, e la prolungata ascesa recente dei valori immobiliari, dall’altra, hanno finito per determinare un problema di accessibilità al mercato della casa, a prescindere dalla forma contrattuale che ne disciplina il possesso.

Se, però, per quanto riguarda l’ accesso alla proprietà, la significativa riduzione (e la prospettiva stabilizzazione) dei tassi di interesse, nonché l’ accresciuto livello di competizione che caratterizza oggi il settore bancario, aveva di fatto compensato l’ esuberanza immobiliare, non altrettanto è possibile affermare per quanto riguarda l’ accesso all’ abitazione in affitto. Senza soffermarsi in questa sede sul drastico mutamento di approccio del sistema creditizio nei confronti del finanziamento immobiliare registrato nell’ ultimo anno, si vuole unicamente sottolineare che gli aspetti finanziari non possono essere citati come fattore capace di ammortizzare la superiore dinamica degli affitti rispetto al reddito.

Nel periodo 1991 – 2009, a fronte di una crescita delle disponibilità familiari nell’ ordine del 18% l’ incremento dei canoni di mercato nelle aree urbane è risultato addirittura del 105%. L’ incidenza della locazione di un’ abitazione di 70 mq sul reddito medio familiare è così passata dal 10,2% dei primi anni ’90, all’ attuale 17,6% con un aumento, peraltro in larga parte concentrato nel periodo 1998 – 2007, superiore al 74%. Se il livello attuale dei valori immobiliari comporta già evidenti problemi di sostenibilità con riferimento alla disponibilità media familiare, la situazione risulta ben più problematica se rapportata alla capacità reddituale dei soli affittuari. In questo caso l’ incidenza della locazione di un immobile analogo a quello precedentemente descritto è passata dal 12,5% del 1991 al 27,8% del 2009, con un incremento di oltre il 121%.

Da recenti stime di Nomisma da cui emerge che il 71,6% delle famiglie in affitto dispone di un reddito inferiore ai 2.000 Euro mensili, mentre solo l’ 1,7% afferma di percepire più di 4.000 Euro mensili. Attualmente si stima che le famiglie in affitto si attestino poco oltre quota 4 milioni di unità, con un’ incidenza complessiva rispetto ad altre forme di possesso del 16,5%, a fronte dell’ orientamento largamente prevalente per la forma proprietaria che riguarda oltre il 77% del totale.

L’ evidente difficoltà di accesso al segmento locativo, può essere ben apprezzata facendo riferimento alla quota di famiglie per le quali l’ affitto medio di mercato di un’ abitazione di 70 mq, situata in zona periferica, rappresenta oltre il 30% del reddito medio (soglia di sostenibilità secondo le convenzioni di Banca d’ Italia). A risultare particolarmente penalizzate sono le famiglie che risiedono nelle maggiori aree urbane del Paese, dove la dinamica dei valori immobiliari dell’ ultimo decennio è risultata più marcata che altrove. Allo stesso modo, i dati relativi a Padova e Palermo confermano che ad una crescita di canoni relativamente più contenuta si associa, in genere, una minore estensione della fascia a rischio. Una specifica annotazione deve essere fatta a proposito di Napoli per cui le evidenze numeriche relative al reddito imponibile delle persone fisiche autorizzano ad ipotizzare un livello di evasione fiscale più accentuato rispetto alle altre realtà considerate.

Riferimenti
Luca Dondi
051.6483310 – 346.5027430
[email protected]

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