Un terzo delle famiglie italiane ritiene l’investimento in immobili la principale forma di utilizzo – soprattutto a fini cautelativi – del surplus monetario.

Questi i principali risultati che emergono da un’analisi di Confcommercio sui risparmi delle famiglie italiane dal 1990 al 2010.

Secondo l’Istat ad aprile i consumatori esprimono valutazioni meno favorevoli circa la situazione economica della propria famiglia: il saldo dei giudizi scende lievemente (da -43 a -44) e quello relativo alle attese registra una flessione di maggiore entità (da -13 a -17); scende anche il saldo dei giudizi sul bilancio finanziario della famiglia (da +1 a 0).

Tuttavia, le domande trimestrali relative ad alcune spese di particolare impegno indicano segnali favorevoli; in particolare, recuperano le intenzioni di acquisto dell’abitazione (da -190 a -185), ma soprattutto quelle relative alle spese di manutenzione straordinaria dell’abitazione (da -173 a -153).

Uno studio Cgil
Il mercato immobiliare residenziale italiano sta conoscendo una fase di crisi che negli ultimi 25 anni non si era mai verificata, prodotto di cause esterne (la crisi economica) ed interne (una crescita degli scambi durata 9 anni su 10). La conseguenza di questa crisi si pesa nella forte discesa in termini di volumi, quantificabile in un -30% degli acquirenti in meno in tre anni.

In questo quadro i prezzi di vendita si sono abbassati, ma non nella stessa misura e non abbastanza per incontrare la domanda, poiché negli ultimi dieci anni l’innalzamento dei prezzi di vendita e dei canoni d’affitto delle abitazioni è stato ampio e di gran lunga superiore alla crescita dei redditi delle famiglie.

Un’indagine effettuata dalla Cgil e dal Sunia
I canoni dei contratti rinnovati sono cresciuti nel periodo 2000-2010 mediamente del 130%, con punte del 145% nei grandi centri abitativi; nello stesso periodo l’aumento medio dei costi degli immobili è risultato pari a +50%, fino al 100% nei grandi centri urbani. In una situazione di generale difficoltà economica per le famiglie, le spese per l’abitazione costituiscono oggi una delle voci principali del bilancio familiare: quasi 2,5 milioni di famiglie, pari al 10% del totale, si trovano in condizione di serio disagio nel pagare tali spese che pesano sul reddito per oltre il 40%.

Aumentano, quindi, le condizioni di disagio delle famiglie legate alla diminuzione dei redditi reali in fascia intermedia e alle minori capacità reddituali; aumentano le condizioni di forte disagio relativo alle famiglie che hanno un’incidenza delle spese oltre il 40% del reddito, soglia ritenuta critica per l’equilibrio familiare. Tra le dinamiche che concorrono a definire il problema abitativo, alcune sono legate alla tipologia familiare che negli anni si è fortemente modificata con una diminuzione di componenti per nucleo familiare, oggi pari a 2,4 componenti per nucleo, mentre, contemporaneamente, si è registrato un aumento dei nuclei; a questo deve aggiungersi la presenza dei migranti, ai quali si deve il saldo positivo della popolazione del nostro Paese.

Parallelamente, negli anni le politiche rivolte al settore sono state sempre più disincentivanti: il comparto pubblico ha visto nell’impegno per l’edilizia residenziale già esigua (il 4% dello stock abitativo contro una media europea del 20%), un sostanziale smantellamento dell’intervento diretto. La produzione annua è passata dalle 34 mila abitazioni in edilizia sovvenzionata del 1984, alle circa 2 mila unità degli ultimi anni su un totale di circa 300 mila abitazioni costruite.

Alla diminuzione della produzione si è accompagnato un progressivo aumento del fabbisogno, stimabile in circa 600 mila domande di aventi diritto nelle graduatorie dei Comuni. Quindi, il problema della casa è centrale, perché cresce il disagio abitativo nonostante, come riporta lo studio, nel nostro Paese ci siano più abitazioni che famiglie – rispettivamente 32 milioni e 25 milioni – malgrado una produzione edilizia molto sostenuta, in particolare nell’ultimo decennio (circa 300 mila nuovi alloggi ogni anno, escluso l’ultimo periodo), e nonostante si stimino in 800 mila gli alloggi vuoti; malgrado questi dati strutturali la casa è tuttora un problema.

Indagine Censis-Confcommercio
sul clima di fiducia e le aspettative delle famiglie italiane

Evidenzia che sul finire dell’anno scorso e in questa prima parte del 2011 gli orientamenti di risparmio delle famiglie italiane presentano una dicotomizzazione piuttosto marcata: o investimenti immobiliari o liquidità, senza significative alternative. Ciò riflette una condizione di incertezza che sta rientrando molto lentamente, come testimoniano le risposte più frequenti: il 31,7% indirizzerebbe i risparmi in immobili e il 29,5% preferirebbe la liquidità sul conto corrente.

Secondo l’Ance
Nel 2010 l’economia italiana ha mostrato segnali di ripresa dopo le tendenze recessive del passato biennio. Per il settore delle costruzioni, invece, permane una situazione di forte crisi che non si è esaurita nel 2010 ma proseguirà anche nell’anno in corso. Le stime, che tengono conto anche dei risultati dell’indagine svolta presso le imprese associate, indicano che gli investimenti in costruzioni a fine 2011 saranno il 2,4% in meno rispetto all’anno precedente, dopo il calo del 6,4% nel 2010, del 7,7% nel 2009 e del 2,7% nel 2008. In quattro anni, dal 2008 al 2011, il settore delle costruzioni avrà perduto il 17,8% in termini di investimenti, vale a dire circa 29 miliardi di euro; in altri termini, dopo nove anni di crescita, i volumi di produzione del settore sono tornati ai livelli osservati alla fine degli anni ’90.

Risultati molto negativi, in particolare, segna il comparto delle nuove abitazioni che nei quattro anni avrà perso il 34,2% del volume di investimenti. La minore produzione di abitazioni degli ultimi anni è, ovviamente, collegata all’andamento dei permessi di costruire che sono in progressiva diminuzione dal 2006. Nel 2005 le abitazioni progettate avevano raggiunto le 305.000 unità, nel 2008 sono state 215.000 e si stima che nel 2009 risultino pari a circa 180.000. Complessivamente nel quadriennio 2006 – 2009 si registra una flessione del 41%.

Indagine Casa.it.
Pare che la presenza di un terrazzo faccia miracoli nel portar su il prezzo di una casa in vendita. È quanto emerge da un’indagine svolta da Casa.it. A Milano, per esempio, se la casa dispone di un terrazzo cresce di valore fino al 22%, e a Roma, altro esempio, del 20%. Il terrazzo, però, non è l’unico elemento a far lievitare il prezzo della casa in vendita. Fra i plus più richiesti ci sono infatti doppi o tripli servizi (+18% a Milano); riscaldamento autonomo e ascensore (+17% a Bari e Bologna); anche il piano ha la sua importanza: infatti, se il piano è alto la valutazione sale del +18% a Roma e di un più modesto +3% a Napoli.

Nonostante spesso per gli italiani il terrazzo non sia considerato un ambiente indispensabile nella scelta di un appartamento, i dati presentati lo confermano quale elemento in grado di accrescere maggiormente il valore della propria casa. Analizzando l’intero territorio nazionale, possiamo notare come la presenza del terrazzo apprezzi l’immobile soprattutto nelle metropoli di Milano (+22%) e Roma (+20%); a Torino, insieme a questo elemento (+17%) sono i pluriservizi (+16%) a dare valore agli appartamenti, mentre nella città di Bari ciò che conta maggiormente è avere un riscaldamento autonomo (+17%).

Fonte: Tecnoborsa
www.tecnoborsa.it

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