Focus sui fondi immobiliari 2010 secondo Nomisma

di Redazione 1

Focus sui fondi immobiliari 2010 secondo Nomisma

Il settore dei fondi immobiliari, che in poco più di un decennio aveva fatto registrare un’ascesa impetuosa portandolo a superare i 28 miliardi di Euro di patrimonio netto e i 45 di attività immobiliari, sta oggi attraversando una fase di notevole criticità

A gravare negativamente sul comparto, oltre alla perdurante difficoltà del mercato immobiliare corporate sottostante, la cui flessione è risultata di intensità nemmeno paragonabile all’arretramento tutto sommato contenuto rilevato sul versante retail, è soprattutto l’inusitata stretta decisa di concerto da Governo e Banca d’Italia.

Alla base dell’irrigidimento deve essere posta la tardiva consapevolezza di una crescita drogata, in particolare negli ultimi anni, dell’utilizzo opportunistico che è stato fatto dello strumento. Come spesso accade quando si è costretti ad intervenire per ridisegnare il quadro normativo e l’operatività di un settore ormai consolidatosi, il rischio di colpire in maniera indiscriminata appare tutt’altro che remoto. La pretesa di tracciare una linea netta di demarcazione tra le diverse iniziative sulla base della presunta elusività del presupposto appare velleitaria se non addirittura arbitraria.

Il quadro, nient’affatto omogeneo, che emerge dall’analisi del settore non consente di definire con ragionevole certezza che i fondi in cui i primi tre investitori controllano più di due terzi del capitale siano club deal e, allo stesso modo, il mancato raggiungimento di tale soglia garantiscano il grado minimo di apertura al mercato. Il ritardo con cui verrà emanato il regolamento attuativo sui fondi immobiliari (dopo le novità introdotte con il DL 78 convertito nella Legge 122/2010), rispetto ai termini (invero non perentori) inizialmente previsti, sintetizza le difficoltà incontrate nell’individuazione del livello di concentrazione che faccia da spartiacque.

Un ulteriore allungamento dei tempi o la concessione di una fase di consultazione del documento restituiscono un’immagine di incertezza del legislatore, che si trova a dover coniugare il rigore del principio ispiratore con l’esigenza che il provvedimento attuativo non risulti eccessivamente punitivo. L’impasse venutasi a creare ha paralizzato il settore, sia dal punto di vista delle nuove iniziative che da quello degli investimenti, in attesa di un orientamento definitivo.

Gli spiragli di compromesso che paiono profilarsi (in particolare sul ruolo dei comitati consultivi) non sono sufficienti ad allentare la tensione e a ripristinare la fiducia nei confronti di uno strumento che, in pochi anni, ha visto più volte mutare, in chiave dapprima espansiva poi pesantemente restrittiva, il quadro normativo e regolamentare di riferimento. A tal proposito occorre, infatti, segnalare che il fronte aperto per il settore non riguarda unicamente l’iniziativa del Governo, ma comprende l’intervento varato da Banca d’Italia e Consob dopo mesi di gestazione.

La comunicazione congiunta delle Autorità rappresenta un riferimento ineludibile per la definizione dei processi aziendali e dei presidi organizzativi che verifichino l’attività (in particolare quella legata alla valutazione dei beni immobili) dei soggetti a vario titolo coinvolti. La scelta di optare per la definizione di principi in luogo di puntuali prescrizioni vincolanti e i sei mesi concessi alle SGR per adeguare la propria operatività, hanno indotto molto probabilmente a sottovalutare il potenziale dirompente del provvedimento per l’industria.

L’assenza di un’adeguata strutturazione della maggior parte delle società di gestione associata al puntiglio con cui le Autorità hanno gestito l’attività di vigilanza, specie dopo la crisi, induce a ritenere che gli effetti sul settore della comunicazione potrebbero essere analoghi, seppure diluiti in un orizzonte temporale leggermente più lungo, rispetto a quelli del decreto ministeriale su cui si è concentrata in maniera pressoché esclusiva l’attenzione generale.

Il 2011 si prospetta, dunque, come l’anno del riassetto dell’industria dei fondi immobiliari, che è oggi difficile ipotizzare possa avvenire senza comportarne un drastico ridimensionamento. Come accennato, in seguito all’entrata in vigore della legge di conversione del decreto, era attesa (entro 30 giorni) una prima bozza di attuazione del Ministro dell’Economia e delle Finanze. Tale termine non è stato rispettato al punto che ad oggi (metà novembre), il regolamento non è stato ancora pubblicato, a causa di ulteriori difficoltà incontrate dal Ministero nel corso dell’analisi effettuata sui fondi operativi. Risulta a tutt’oggi impossibile prevedere quando vedrà la luce la versione definitiva del decreto, sulla base del quale sarà definitivamente sancita la base dei fondi considerati familiari, a cui applicare il nuovo regime impositivo.

Dall’aggiornamento dell’indagine relativa all’impatto sull’industria dei fondi immobiliari delle nuove disposizioni (DL 31 maggio 2010, n. 78) promossa da Assoimmobiliare emergono nuove indicazioni a proposito del gettito potenziale. Il campione di riferimento della simulazione si è ampliato ed ha raggiunto 129 fondi gestiti da 24 SGR con un NAV complessivo di circa 15,2 miliardi di euro.

Sulla base dei dati, i fondi che dovrebbero sottostare alla nuova disciplina e, dunque, procedere alla liquidazione o all’adeguamento, sarebbero ben 87 per un gettito totale stimabile in circa 500/600 milioni di euro, a seconda delle opzioni scelte dalle SGR. Tale dato scaturisce dall’applicazione delle regole contenute in una bozza del decreto attuativo. Nel caso in cui, al contrario, venisse accettata la proposta di modifica (dell’art. 3 bis) avanzata da Assoimmobiliare, il numero di fondi che verrebbe coinvolto scenderebbe a 48 e, di conseguenza, il gettito totale potrebbe oscillare tra 250 e 350 milioni di euro. Tali cifre scontano un probabile sottodimensionamento, in quanto le ultime indiscrezioni accreditano una definizione maggiormente restrittiva del novero di iniziative riservate da considerare a ristretta base partecipativa, al punto da interessarne addirittura l’80%.

Le iniziative in atto da parte del Ministero delle Finanze non si limitano alla definizione delle soglie di partecipazione in chiave antielusiva, ma comprendono anche innovazione della normativa volta a risolvere problematiche interpretative e applicative emerse nella prassi, soprattutto in corrispondenza delle turbolenze finanziarie degli ultimi anni. Le modifiche principali riguardano innanzitutto le SGR, alle quali viene concessa la facoltà di prorogare la redazione dei prospetti contabili dei fondi di 30 giorni in presenza di ”particolari esigenze”. Viene inoltre eliminato l’obbligo di autorizzazione della Banca d’Italia dell’eventuale proroga della durata del fondo, che andrà semplicemente comunicata all’organo di vigilanza.

L’attenzione da parte del Governo verso il settore dei fondi immobiliari, peraltro mai sopita, si aggiunge, come già segnalato, all’istruttoria che Consob e Banca d’Italia hanno avviato circa un anno fa e che ha portato ad una comunicazione congiunta delle due Autorità. All’interno del documento vengono ripresi i risultati di un’indagine, già citata in passato, realizzata dalla Consob nel 2009, sulle prassi di valutazione dei beni dei fondi immobiliari. In particolare ci si sofferma sulle criticità derivanti da incompletezza delle politiche, regole e procedure adottate dalle SGR in merito ad una serie di profili tra cui: la scelta degli esperti indipendenti ed il loro compenso, le situazioni di conflitto di interessi, le responsabilità dei singoli organi e funzioni aziendali delle SGR e, infine, le informazioni minimali che debbono essere fornite dagli esperti indipendenti nelle relazioni di stima. Al fine di superare tali criticità vengono ribadite e integrate alcune linee applicative di carattere generale, di cui si riporta di seguito una sintesi, da recepire all’inizio del 2011.

Per quanto riguarda le performance dei fondi immobiliari italiani, nel corso della prima parte del 2010 si è osservata una nuova contrazione, dopo i segnali di ripresa registrati nel secondo semestre del 2009. In particolare, si è passati dallo 0,7% allo 0,2%, mantenendosi dunque in territorio positivo. La situazione in Europa non sembra dissimile, anche se su livelli più lusinghieri. Al consistente incremento dell’indice del 2009 (dal -8,8% al 4,1%) è seguita una fase di stabilità che ha mantenuto la redditività sui livelli della precedente rilevazione.

Se si considera l’asset allocation dei fondi immobiliari italiani, si può facilmente osservare come nell’ultimo semestre vi siano state limitate correzioni nelle quote relative dei diversi comparti, ma che, in sostanza, la situazione sia rimasta sostanzialmente inalterata. Gli effetti della crisi immobiliare, che aveva rallentato il progressivo allineamento tra l’asset allocation dei fondi italiani ed europei, sembrano aver modificato una tendenza alla contrazione degli impieghi direzionali che pareva ormai consolidata.

Dai nuovi dati emerge, infatti, che gli investimenti in uffici aumentano sia in Italia che in Europa, a svantaggio di quelli relativi ad attività commerciali e industriali. In Italia, in aggiunta, si riduce anche la quota di attività di tipo residenziale. Nel corso del secondo semestre del 2010 sono state molteplici le novità riguardanti l’andamento dei 23 fondi immobiliari quotati di diritto italiano.

Ad agosto la situazione appariva piuttosto incerta soprattutto in forza delle difficoltà registrate sul versante locativo dalla maggior parte dei fondi immobiliari, che avevano indotto a ridurre la portata di proventi e rimborsi. La conferma della problematicità della fase attraversata dai fondi è giunta dalla richiesta, da parte di 2 SGR (Fimit Sgr e Prelios Sgr), del periodo di proroga a Banca d’Italia per tre fondi: Beta, Tecla e Olinda.

Commenti (1)

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