Esecuzioni immobiliari, il notaio si “autosostituisce”

di Redazione Commenta

Risoluzione n. 296/E del 18 ottobre 2007. Il professionista, delegato alle operazioni di vendita, è tenuto all’effettuazione e al versamento della ritenuta sui propri compensi.

Nell’ambito del processo di esecuzione immobiliare, è il notaio delegato alle operazioni di vendita, e non il curatore fallimentare, a dover effettuare e versare la ritenuta d’acconto (del 20 per cento) sui compensi percepiti. Questa, in estrema sintesi, la posizione assunta dall’agenzia delle Entrate con la risoluzione n. 296/E del ottobre 2007, emanata in risposta a un’istanza di interpello presentata dal curatore del fallimento di una Srl. L’oggetto del quesito posto all’Amministrazione finanziaria è il seguente: la ritenuta sui compensi spettanti al notaio incaricato dello svolgimento di una vendita forzata immobiliare deve essere effettuata dal notaio stesso o dal curatore fallimentare (posto che durante la procedura esecutiva è stata pronunciata la sentenza dichiarativa di fallimento, per cui il debitore esecutato ha assunto anche la qualità di fallito)?

L’agenzia delle Entrate fa precedere la soluzione del caso prospettato da una necessaria premessa di ordine processualcivilistico, con cui ricorda che l’espropriazione immobiliare (articoli 555 e seguenti del Codice di procedura civile) si caratterizza per la vendita coattiva dell’immobile di proprietà del debitore esecutato, disposta dal giudice dell’esecuzione del tribunale del luogo in cui è situato l’immobile, su istanza del creditore pignorante.
In proposito, occorre sottolineare che la procedura esecutiva ha per oggetto i beni pignorati dal creditore procedente (e non l’intera massa dei beni appartenenti al debitore, come avviene nel fallimento); sotto il profilo soggettivo, invece, si rileva che all’esecuzione immobiliare può accedere non la generalità dei creditori (come si verifica nel fallimento, qualificato, appunto, procedura “concorsuale”, cioè “collettiva”), bensì i soli creditori che, muniti di titolo esecutivo, abbiano notificato il pignoramento al debitore.

Viene poi evidenziato come l’espropriazione immobiliare, al pari dell’intero processo di esecuzione, sia stata oggetto di una recente riforma (intervenuta con legge n. 80 del 2005 e con legge n. 51 del 2006) che ha modificato, in particolare, la delega delle operazioni di vendita. La disciplina attualmente vigente in materia prevede, infatti, la possibilità di delegare le predette operazioni di vendita immobiliare non soltanto a notai ma anche ad avvocati e commercialisti iscritti nell’elenco di cui all’articolo 179-ter delle disposizioni di attuazione al Cpc. I professionisti delegati, in seguito alla riforma, possono intervenire non soltanto nelle vendite con incanto ma anche in quelle senza incanto e sono tenuti a compiere tutte le attività elencate nell’articolo 591-bis del Cpc, tra cui figura l'”esecuzione delle formalità di registrazione, trascrizione e voltura catastale del decreto di trasferimento…” afferenti l’immobile.
Per l’adempimento degli obblighi connessi alla vendita di beni elencati nel citato articolo 591-bis del Cpc, il professionista delegato percepisce un compenso, liquidato dal giudice dell’esecuzione con decreto, in cui si evidenzia la “specifica determinazione della parte riguardante le operazioni di incanto e le successive, che sono poste a carico dell’aggiudicatario” (articolo 179-bis, secondo comma, delle disposizioni di attuazione al Cpc).

Con riferimento all’applicazione della ritenuta, si riporta l’articolo 25 del Dpr 29 settembre 1973, n. 600: “I soggetti indicati nel primo comma dell’articolo 23, che corrispondono a soggetti residenti nel territorio dello Stato compensi comunque denominati, anche sotto forma di partecipazione agli utili, per prestazioni di lavoro autonomo, ancorché non esercitate abitualmente ovvero siano rese a terzi o nell’interesse di terzi o per l’assunzione di obblighi di fare, non fare o permettere devono operare all’atto del pagamento una ritenuta del 20 per cento a titolo di acconto dell’Irpef dovuta dai percipienti, con l’obbligo di rivalsa”.

Secondo la risoluzione in esame, il riportato articolo 25 trova applicazione nel caso prospettato in quanto:

* il debitore esecutato è sostituto di imposta (trattasi, infatti, di Srl)
* il compenso spettante al notaio delegato alla vendita deve qualificarsi come reddito di lavoro autonomo.

Sancito l’obbligo di applicare la ritenuta d’acconto del 20 per cento, occorre individuare il momento in essa deve essere operata.
Assunto, infatti, che la norma fiscale impone di effettuare la ritenuta di cui trattasi “all’atto del pagamento”, è evidente che l’individuazione di tale momento deve avvenire nel rispetto delle disposizioni del Cpc vigenti in tema di liquidazione e pagamento dei compensi spettanti al notaio delegato, recepite nel decreto del giudice dell’esecuzione.
Nel caso in esame, il pagamento deve ritenersi effettuato nel momento in cui il notaio preleva le somme liquidate a suo favore, prelevate dal ricavato della vendita forzata di un bene appartenente al patrimonio del debitore esecutato, nei cui confronti si esplicano gli effetti della vendita stessa. È il debitore esecutato, infatti, a sostenere l’onere economico del pagamento dei compensi spettanti al notaio e a suo favore sono destinate le eventuali somme residue, una volta soddisfatti i creditori procedenti e intervenuti nella procedura (articolo 510, quarto comma, Cpc).
Si ritiene, pertanto, che al momento del prelievo del compenso, il notaio delegato alle operazioni di vendita debba effettuare e versare la ritenuta d’acconto di cui all’articolo 25, in nome e per conto del debitore esecutato.
Né sarebbe prospettabile la tesi secondo cui la ritenuta deve essere effettuata dal curatore fallimentare, in luogo del debitore esecutato/fallito, previa fornitura della relativa provvista da parte del notaio, in quanto tale comportamento non è contemplato dall’articolo 25 del Dpr n. 600 del 1973 (al contrario, l’articolo 25-bis, quarto comma, del Dpr citato prevede espressamente l’obbligo per il commissionario di rimettere al committente l’importo da versare a titolo di ritenuta, qualora il compenso sia direttamente trattenuto sull’ammontare delle somme riscosse).

Si osserva, infine, che il principio secondo cui taluni adempimenti fiscali devono ritenersi accentrati nella procedura esecutiva, anziché in capo al debitore esecutato, era già stato espresso, anche se non in materia di ritenute ma di fatturazione e versamento dell’Iva, nella risoluzione n. 62/E del 16 maggio 2006.

L’agenzia delle Entrate, inoltre, pone l’obbligo di presentazione della dichiarazione dei sostituti di imposta (mod. 770) a carico del curatore fallimentare, in qualità di “rappresentante firmatario” della società fallita (già esecutata), in cui si attesta anche l’avvenuto versamento della ritenuta d’acconto in esame.
Nel caso in argomento, infatti, il fallimento del debitore esecutato è intervenuto mentre era incorso il procedimento di esecuzione e ciò ha comportato il subentro del curatore nella procedura esecutiva (articolo 107, comma 5 della cd. “legge fallimentare”, regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, nel testo in vigore dal 16 luglio 2006).
Ne consegue che il curatore deve riportare i dati relativi all’effettuazione e al versamento della ritenuta – acquisita dal notaio la relativa documentazione – nella dichiarazione dei sostituti di imposta del debitore fallito.

Ivana Doria – Fiscooggi.it

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