Distinzione fra caparra confirmatoria, penitenziale e acconti. La prelazione e l’opzione

La dazione, al momento della stipula di un contratto preliminare, di una somma di denaro o di altre cose fungibili, può effettuarsi a vario titolo: acconto, caparra penitenziale o caparra confirmatoria.
Definire chiaramente la funzione della caparra (confirmatoria o penitenziale) e degli acconti riveste, quindi, un’importanza fondamentale ai fini dell’individuazione della disciplina tributaria a essi applicabile, con riferimento, in particolare, alle imposte indirette.

Per quanto attiene la caparra e l’acconto, è necessario precisare che la prima si distingue in caparra confirmatoria (articolo 1385 Cc) e in caparra penitenziale (articolo 1386 Cc).
Nello specifico si avrà:

* la caparra confirmatoria, che costituisce una conferma dell’adempimento, di cui segna quasi un’anticipata e parziale esecuzione. Al di là dei profili strettamente funzionali, vanno evidenziati soprattutto gli effetti che la pattuizione della caparra confirmatoria produce, espressamente descritti dall’articolo 1385 Cc. Sotto il profilo prettamente fiscale, è riconosciuta alla caparra confirmatoria una funzione risarcitoria, in quanto, la stessa è finalizzata a risarcire o, comunque, indennizzare il soggetto che ha subito l’inadempienza. Nell’ipotesi dell’adempimento del contratto, invece, la caparra esaurisce la sua funzione risarcitoria e diventa parte del corrispettivo, assoggettabile a Iva, sempre che ricorrano i presupposti oggettivo, soggettivo e territoriale, attraverso l’imputazione alla cessione effettuata o alla prestazione eseguita; tale operazione non avrà luogo qualora le parti optino per la restituzione, ex articolo 1385 Cc. Sulla natura accessoria ed eventuale della caparra, si conferma che essendo la clausola contenente la caparra non collegata necessariamente al contratto preliminare, come lo è, invece, la quietanza per il prezzo ricevuto rispetto a un contratto di compravendita, la stessa si configura, di conseguenza, come un atto autonomamente tassabile, ai sensi dell’articolo 21, comma 1 del Tur. Infine, per distinguere la caparra dall’acconto, occorre che la volontà delle parti manifestata nel contratto preliminare si traduca in una espressa menzione contrattuale, nel senso che la dazione della somma avviene a titolo di caparra confirmatoria o di acconto. A tal proposito si è concordi con la giurisprudenza che, sul punto, ha ritenuto che “nel dubbio sull’effettiva volontà delle parti, l’anticipo va considerato come acconto e non caparra, poiché non si può supporre che le parti si siano assoggettate tacitamente ad una “pena civile”, ravvisabile nella funzione della caparra confirmatoria” (Ctc, sentenza 6067/1989; Cassazione, sentenza 10874/1994). Sulla distinzione caparra confirmatoria/acconto di prezzo, la recente risoluzione 197/E dell’1/8/2007 ha ribadito che, nel caso in cui l’operazione di trasferimento immobiliare sia soggetta a Iva, la previsione nel preliminare del versamento di una somma di denaro “mediante imputazione al prezzo a titolo di caparra confirmatoria e acconto prezzo” attribuisce alla caparra l’ulteriore funzione di anticipazione del corrispettivo; pertanto, il versamento dell’acconto-prezzo, rappresentando l’anticipazione del corrispettivo pattuito (ex articolo 6 del Dpr 633/1972), assume rilevanza ai fini Iva, con il conseguente obbligo per il cedente o il prestatore di emettere la relativa fattura con addebito dell’imposta. Ai fini dell’applicazione dell’imposta di registro, si renderà applicabile il criterio di alternatività e, pertanto, le disposizioni soggette a Iva non saranno imponibili agli effetti del Registro, risultando dovuta la sola imposta di registro in misura fissa
* con riguardo agli acconti, l’articolo 6 del Dpr 633/1972 precisa che, se con riferimento a una cessione di beni si verifichi, pur anteriormente al verificarsi dell’effetto traslativo, il pagamento, ancorché parziale, del corrispettivo, si avrà, con riferimento a tale prestazione, l’immediato assoggettamento a Iva; qualora l’acconto non sia soggetto a Iva, ai sensi del richiamo all’articolo 9 della Tariffa, parte prima, allegata al Dpr 131/1986, l’imposta di registro sarà applicata in misura proporzionale con l’aliquota del 3%
* la caparra penitenziale rappresenta, invece, non una cautela contro l’inadempimento, ma il corrispettivo per l’attribuzione della facoltà di recesso. Per quanto concerne l’applicazione dell’imposta di registro, va detto che, non essendo espressamente contemplata dalla nota all’articolo 10 della Tariffa, non può trovare applicazione il rinvio all’articolo 6 della Tariffa stessa. Tenuto conto del carattere accessorio ed eventuale della clausola penitenziale, in quanto non connessa con un rapporto di derivazione necessaria alle disposizioni proprie del preliminare, e del suo contenuto patrimoniale che esula anche dal campo di applicazione dell’Iva, si ritiene debba trovare applicazione l’articolo 9 della Tariffa, che disciplina, in via residuale, tutte le disposizioni non altrove previste che manifestino un contenuto patrimoniale, con conseguente applicazione dell’aliquota proporzionale del 3 per cento (si richiama la risoluzione n. 310388 del 18/06/1990).

La caparra confirmatoria ai fini dell’imposta di registro e dell’Iva: precisazioni
E’ stato detto che l’importo della caparra confirmatoria potrà essere imputato alla prestazione principale, ai sensi dell’articolo 1385, comma 1, Cc, e l’imposta di registro pagata sulla caparra potrà essere imputata a quella dovuta sul contratto definitivo, a norma della nota all’articolo 10 della Tariffa. L’obiettivo della disposizione è, evidentemente, quello di evitare una duplicazione d’imposta, in conseguenza dell’imputazione della caparra alla prestazione dovuta, nel caso di stipula del contratto definitivo. Sul punto va confermata la disposizione contenuta nella circolare n. 37/1986, seconda la quale “nel caso in cui il contratto definitivo non venga posto in essere, le somme riscosse in sede di registrazione di quello preliminare rimarranno definitivamente acquisite all’Erario”.
Appare con altrettanta chiarezza che, nel caso in cui la caparra confirmatoria venga imputata al corrispettivo definitivo soggetto a Iva, il contratto definitivo sarà soggetto a imposta di registro solo in misura fissa, rimanendo pregiudicata la possibilità di imputazione dell’imposta di registro corrisposta sulla caparra. In questa fattispecie, la normativa non prevede il rimborso dell’imposta di registro pagata sulla dazione della caparra.

Il contratto preliminare per persona da nominare
Consiste nella sostituzione di altro soggetto al promittente acquirente e si realizza tramite l’inserimento, nel preliminare, della clausola “per persona da nominare”, ormai divenuta quasi di stile nell’ambito di tali contratti.
Per evitare abusi, l’articolo 32 del Tur disciplina espressamente la dichiarazione di nomina, prevedendo che la stessa sia soggetta a imposta fissa “a condizione che la relativa facoltà derivi dalla legge ovvero derivi da espressa riserva contenuta nell’atto cui la dichiarazione si riferisce e sia esercitata, entro tre giorni dalla data dell’atto, mediante atto pubblico ovvero mediante scrittura privata autenticata o presentata per la registrazione entro il termine stesso…in ogni altro caso … é dovuta l’imposta stabilita per l’atto cui si riferisce la dichiarazione”.

La normativa fiscale, per chiare finalità antielusive, non consente che la dichiarazione di nomina venga procrastinata dalle parti oltre il termine inderogabile di tre giorni dalla stipula dell’atto, come é invece consentito ai fini civilistici dall’articolo 1402 Cc. Ne consegue che la clausola, normalmente ricorrente nei preliminari di vendita, che consente di effettuare la nomina in sede di definitivo, e quindi per lo più oltre i tre giorni, può dar luogo a ulteriore pretesa impositiva, ai sensi dell’articolo 32 citato: il contratto definitivo, contenendo una implicita ancorché inespressa dichiarazione di nomina di altro soggetto, appare produttivo di un duplice effetto traslativo, scontando le imposte dovute per due trasferimenti, dal promissario venditore al promissario acquirente e dal promissario acquirente all’effettivo acquirente.

Questo accade quando vengono utilizzate nel preliminare formule, assai ricorrenti nella prassi, in base alle quali la facoltà di nomina é differita al contratto definitivo e, quindi, sostanzialmente riferita a quest’ultimo negozio. Diversamente, qualora nel preliminare sia apposta una clausola dalla quale si evinca senza possibilità di dubbi che la clausola é riferita solo ed esclusivamente al preliminare, la dichiarazione di nomina, effettuata successivamente anche oltre i tre giorni, determina, ai sensi dell’articolo 32 del Tur, la percezione di un’ulteriore imposta fissa, in quanto lo stesso articolo 32 dispone che la nomina tardiva legittima l’applicazione dell’imposta relativa al contratto cui la nomina stessa si riferisce; trattandosi di nomina riferita a contratto preliminare, sarà in ogni caso dovuta la sola imposta fissa.

Rimane fedele alla logica del contratto preliminare per persona da nominare soltanto il negozio giuridico nel quale lo stipulante si riservi la facoltà di nominare altri al proprio posto, sino al momento della stipula del contratto definitivo; non può considerarsi tale, pertanto, quando la riserva di nomina sia riferita ai diritti e agli obblighi nascenti dal contratto definitivo.

La cessione del contratto preliminare
Una forma giuridica di “trasferimento” del preliminare é costituita dalla cessione del contratto, pacificamente ammessa anche con riferimento al contratto preliminare. La cessione attua una successione a titolo particolare per atto tra vivi nel rapporto giuridico contrattuale, operando, con un unico atto, la sostituzione di un nuovo soggetto (cessionario) nella posizione giuridica attiva e passiva, di uno degli originari contraenti (cedente).
L’articolo 31 del Tur dispone che la “cessione del contratto é soggetta all’imposta con l’aliquota propria del contratto ceduto”. Pertanto, dal momento che il preliminare è soggetto in linea di principio a imposta fissa, anche la relativa cessione sarà sottoposta a tassazione in eguale misura. Solo l’eventuale corrispettivo pattuito per la cessione, a favore del cedente o del contraente ceduto o di entrambi, sconterà l’imposta proporzionale del 3%, ai sensi dell’articolo 9 della Tariffa (“atti diversi da quelli altrove indicati aventi per oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale”).

La cessione del contratto preliminare determina la detraibilità da parte del cessionario, in sede di definitivo, delle imposte eventualmente pagate dal cedente al momento della registrazione del preliminare, poiché il cessionario viene a sostituirsi nella medesima posizione contrattuale del cedente; il che comporta l’automatico subentro in tutte le posizioni giuridiche soggettive di cui era titolare il cedente.

Anche per quanto concerne i “preliminari soggetti a Iva” può porsi il problema della sostituzione soggettiva del promissario acquirente. In tale sede, peraltro, il problema è semplificato dall’articolo 26 del Dpr 633/1972, norma che consente di rettificare un’operazione assoggettata a Iva ove la stessa venga meno, tra l’altro, in conseguenza di risoluzione. Se, dunque, la risoluzione del contratto non legittima il rimborso dell’imposta di registro già corrisposta, ben diversa é la situazione per l’Iva, potendosi in tale sede, senza alcun maggiore aggravio fiscale, procedere alla risoluzione del preliminare e alla stipula di un nuovo contratto con colui che dovrà essere il destinatario ultimo degli effetti del definitivo.

Il contratto preliminare e le figure della prelazione e dell’opzione
Il patto di prelazione è l’accordo in forza del quale un soggetto (promittente) si obbliga a dare a un altro soggetto (promissario o prelazionario) la preferenza rispetto ad altri, a parità di condizioni, nel caso in cui decida di stipulare un determinato contratto. Dal patto di prelazione nascono, a carico del promittente, un obbligo di carattere positivo, di comunicare al promissario l’intenzione di concludere il contratto e le condizioni dello stesso (denuntiatio), e un obbligo negativo, di astenersi dalla stipula con terzi prima di aver informato il promissario o di aver ricevuto la sua risposta.

Nel contratto di opzione, una parte resta vincolata alla propria dichiarazione, mentre l’altra ha facoltà di accettarla o meno. Nel patto di opzione, l’effetto finale si produce semplicemente con la dichiarazione di accettazione della parte non obbligata, essendo la proposta già manifestata.

In relazione a queste due figure, ben riconducibili allo schema negoziale del contratto preliminare unilaterale, si può concludere per la loro assoggettabilità all’obbligo della registrazione con l’applicazione dell’imposta di registro in misura fissa. Inoltre, qualora, venga stabilita una controprestazione o premio, a favore del contraente che assume l’obbligo di contrarre e l’operazione non sia imponibile agli effetti dell’Iva poiché non riguarda un operatore economico, si applica l’imposta proporzionale relativa alla natura dell’attribuzione patrimoniale: se è costituita da una somma di denaro, si applicherà l’articolo 9 della Tariffa; in ogni altro caso, la misura dell’imposta dipenderà dalla natura del bene ceduto o dall’obbligazione assunta a titolo di “premio”.

2 – fine.

Carla Pallaoro – Fiscooggi.it

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