Imprese Italiane impegnate all’estero

di Redazione Commenta

Le imprese di costruzione italiane impegnate sui mercati internazionali aumentano di numero e crescono d’importanza. Nel 2006, le nostre aziende sono state presenti in 76 paesi (soprattutto America Latina, Africa e paesi extra-Ue) con circa 500 cantieri, si sono aggiudicate contratti per quasi 28 miliardi di euro e hanno dato lavoro a oltre 45.000 addetti.
È questa la fotografia che emerge dall’indagine Ance sulla presenza delle imprese di costruzione italiane all’estero, presentata in occasione del convegno nazionale promosso da Ance e Oice sul tema “Costruzioni italiane nel mondo: più sistema per competere”. Un evento che, dopo anni di caduta dell’attenzione sul tema dei lavori all’estero, ha avuto il merito di riaccendere i riflettori sulle potenzialità e le debolezze del sistema italiano delle costruzioni sui mercati internazionali, riunendo intorno allo stesso tavolo imprenditori, politici, rappresentanti della committenza pubblica e del mondo bancario, esponenti delle istituzioni europee e donatori internazionali. Manca il “Sistema Italia” La fotografia scattata dall’indagine Ance mostra con chiarezza un netto rafforzamento delle nostre imprese attive oltre confine, che nel quadriennio 2003-2006 hanno quasi raddoppiato il loro fatturato estero (passato dai circa 2,5 miliardi del 2003 ai 5 miliardi del 2006 e che rappresenta oggi oltre il 44% del loro fatturato complessivo). Un dinamismo che si è confermato anche per il 2007, come dimostrano i primi dati riguardanti le commesse all’estero relative all’anno appena trascorso.

“Si tratta”, secondo il presidente dell’Ance Paolo Buzzetti, “di risultati che dimostrano come le imprese italiane di costruzione non solo sono ancora presenti sui mercati esteri, ma ogni anno affermano il loro valore, acquisendo nuove commesse di grande importanza e complessità”. Ma Buzzetti, da subito, ha anche messo l’accento sull’ostacolo che più frena la crescita e la competitività delle nostre imprese nello scenario internazionale: la mancanza di un vero“Sistema Italia”, rappresentato da un solido fronte politico-bancarioistituzionale, che sia davvero capace di accompagnare e sostenere l’internazionalizzazione del tessuto imprenditoriale italiano. Nei Paesi nostri diretti competitori”, ha sottolineato Bozzetti, “le imprese di costruzione possono
contare sulla presenza e sul sostegno di un sistema forte, che a noi invece manca. E questa nostra incapacità di procedere tutti insieme, di fare realmente squadra, rischia di tagliarci fuori dalle sfide importanti che, per le nostre tecnologie e competenze, sarebbero invece alla nostra portata”. Un’agenda comune tra pubblico e privato Le ragioni del divario di competitività con le imprese straniere sono da ricercarsi in vari elementi di debolezza che caratterizzano sia il mercato interno sia il sostegno alle imprese sui mercati esteri. Occorre mettere in campo politiche e strumenti adeguati per sciogliere i nodi che frenano la crescita delle nostre imprese, che partono da una situazione di svantaggio, a causa di un mercato nazionale debole e inefficiente per tre motivi: la mancanza di un programma di investimenti infrastrutturali capace di garantire certezze nel tempo; procedure lentissime e inefficienti che si traducono in un ingente danno non solo per le imprese ma per tutta la collettività, regole del gioco che mancano di chiarezza e che soprattutto non sono uguali per tutti. Ma anche sul “fronte esterno”, quando sono chiamate a far fronte alle sfide dei mercati globali, le imprese italiane si trovano spesso in una situazione sfavorevole rispetto, per esempio, ai competitor spagnoli, francesi o tedeschi. Manca soprattutto un’“agenda comune” tra il sistema delle imprese e il settore pubblico, che consenta di mettere a punto strategie mirate ed efficaci per un settore assai diverso da quelli tradizionalmente al centro delle attenzioni delle nostre politiche di esportazione. Intervenire sull’Irap Qualcosa, insomma, deve cambiare anche nel modo di fare impresa. Quello che va superato è l’eccessivo individualismo, che non agevola né le integrazioni tra le imprese né la crescita dimensionale, processi che invece hanno portato altri paesi a raggiungere profili imprenditoriali di gran lunga superiori a quelli medi italiani. E in questo senso, tra le richieste forti dei costruttori c’è anche la creazione di organismi permanenti di dialogo,
non solo tra le imprese di costruzione e il settore pubblico (per esempio task force di coordinamento per aree omogenee), ma anche tra le imprese stesse, con l’obiettivo di dare vita a nuove e più forti sinergie e ad ampi progetti strategici di collaborazione.
Nel corso dell’evento, è stata sottolineata la necessità di un alleggerimento del carico fiscale che oggi rappresenta un forte limite alla competizione internazionale delle nostre aziende. Soprattutto un intervento deciso sull’Irap, un’imposta che disincentiva le assunzioni, impedendo alle nostre aziende di crescere dimensionalmente, e distorce la competizione internazionale.
Inoltre, è stata messa in risalto anche la questione dell’internazionalizzazione delle nostre imprese: un processo in corso, ma che per essere realmente efficace richiede soprattutto un impegno forte, da parte del governo, non solo sul fronte delle risorse e delle politiche economiche, ma anche su quello della formazione universitaria dei giovani, mirata al loro inserimento operativo nelle imprese o al loro ingresso come classe dirigente nelle rappresentanze diplomatiche o negli organismi internazionali.

Anna carbone – www.bpmediagroup.it

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