Il Governo annuncia l’intenzione di iniziare a costruire in Italia centrali nucleari di nuova generazione contro la dipendenza da gas e petrolio; Enel risponde “Noi siamo pronti”. L’AD, Fulvio Conti, spiega i vantaggi di questa scelta e i passi da compiere. L’Italia tornerà al nucleare in cinque anni. Il ministro dello Sviluppo Economico, Claudio Scajola, con queste dichiarazioni fatte davanti agli industriali dell’Assemblea annuale di Confindustria il Governo ha dato una nuova decisiva spinta al dibattito sul nucleare: “entro questa legislatura porremo la prima pietra per la costruzione nel nostro Paese di un gruppo di centrali nucleari di nuova generazione. Il rientro è necessario per abbassare i prezzi dell’energia e assicurare il mix di fonti di cui l’Italia, eccessivamente dipendente da petrolio e gas, ha bisogno”. E il governo – assicura il ministro – onererà “con convinzione e determinazione il solenne impegno della scelta del nucleare”. La risposta di Enel non è tardata ad arrivare: “Siamo pronti” ha dichiarato l’AD, Fulvio Conti, anche lui presente all’assemblea. E ha commentato: “Mi sembra un ottimo inizio: credo ci sia una forte volontà di questo Governo di mettere le condizioni necessarie per lo sviluppo dell’industria nucleare nel nostro Paese. Enel ha ricostituito la sua cultura in questo campo siamo ben felici di collaborare”.

Il Governo, dunque, per Conti ha dimostrato di avere le idee chiare, mettendo al centro la necessità di investimenti in infrastrutture e la diversificazione delle fonti primarie, un tema fondamentale della nostra strategia. All’annuncio sulla possibile riapertura del capitolo nucleare, l’AD ha ribadito che l’azienda è “tecnicamente” pronta e che “effettivamente la durata della legislatura, pari a cinque anni, può essere un percorso realizzabile”. In un’intervista a Il Messaggero di sabato, l’AD ha spiega meglio perché questa scelta conviene all’Italia e quali tappe occorre percorrere per raggiungere l’obiettivo lanciato da Scajola: “Il nucleare può aprirci le porte dell’indipendenza energetica che oggi è uno dei maggiori problemi per il nostro Paese”. Ci saranno vantaggi anche per famiglie e imprese che “potranno concretamente risparmiare il 20-30% sulla bolletta elettrica”.
Conti ricorda inoltre come, già oggi, gli italiani utilizzino energia elettrica prodotta da impianti nucleari: “Importiamo quasi il 20% del nostro fabbisogno, prevalentemente dalla Francia e dalla Svizzera. Ora si tratta di passare da un utilizzo inconsapevole ad uno consapevole, promuovendo questa tecnologia anche in casa nostra. Condivido, dunque, la preoccupazione del ministro di ridurre la nostra forte dipendenza da petrolio e gas che rappresentano il 60% dei combustibili bruciati nelle nostre centrali, con costi del chilowattora per i consumatori ben più alti che nella media Ue”. Quel 20% di elettricità importata corrisponde a circa 50-60 miliardi di chilowattora l’anno: l’obiettivo ottimale per l’Italia sarebbe di rimpiazzare questa quota di import con una produzione interna che utilizzi la stessa energia nucleare. “Per fare questo, servirebbero 5 centrali da 1.600 Megawatt” afferma Conti, che spiega come il vantaggio di questa soluzione sia evidente: “con un 20% di nucleare, un 30% da fonti rinnovabili, un 30% da carbone pulito e il resto da gas, per garantire flessibilità al sistema, avremmo il mix produttivo migliore possibile e più economico dell’attuale. E molta meno CO2 “.

Riguardo i costi di questa scelta, Conti spiega come il vantaggio del nucleare stia nel fatto che il costo variabile di produzione (quello dato dal combustibile) è drasticamente più basso che con le altre fonti, soprattutto oggi con il prezzo del petrolio così alto: “La combinazione del costo fisso più elevato e di quello variabile più basso rende l’energia nucleare comunque vantaggiosa, anche includendo il costo del decommissioning e della gestione delle scorie”.
Nel concreto si tratta di un 20 o 30% in meno rispetto alla nostra media nazionale: “Questo è il minor costo che pagano i francesi sulle loro bollette, in un Paese dove l’85% dell’energia elettrica viene dall’atomo. – spiega Conti – La differenza non è dovuta alla maggior concorrenza, ma al combustibile impiegato: in Francia c’è un solo grande produttore, eppure i prezzi sono più bassi che in Italia, dove il mercato è aperto alla concorrenza”.

C’è ancora molto da fare, però, prima di posare la ‘prima pietra’ annunciata da Scajola: “Serve un quadro di regole certe. Governo e Parlamento hanno il compito di varare una normativa omnicomprensiva che dia certezze agli operatori per avviare i loro investimenti”. Inoltre, serve una semplificazione delle procedure, con una revisione del sistema autorizzativo così come delle agenzie di controllo sull’attività delle centrali, una realtà attualmente frammentata in una miriade di agenzie e commissioni nazionali e regionali tra le quali, secondo l’AD, “bisogna mettere ordine”. Enel dal canto suo – ribadisce Conti – è pronta e la progettazione (che richiede un massimo di tre anni, inclusa la scelta dei fornitori) può partire anche subito. Una volta definito il progetto e ordinati i macchinari, si rimane ampiamente dentro i 5 anni. Per la costruzione vera e propria di una centrale da 1.600 Megawatt occorreranno altri 3-4 anni: in 8 anni, quindi, un nuovo impianto nucleare può entrare in esercizio anche in Italia.

www.enel.it

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