Immobiliari e pro rata, rileva la natura caratteristica dell’attività di locazione

di Redazione Commenta

Accade spesso che le società immobiliari, nell’effettuare il calcolo dell’imposta ammessa in detrazione, indichino le operazioni esenti Iva come occasionali e non proprie dell’attività dell’impresa e pertanto non le considerino per il calcolo del pro rata. Se però le operazioni esenti, considerate non proprie dell’attività di impresa, sono relative alla percezione di canoni di locazione su unità abitative e tale attività faccia parte, come indicato magari nell’oggetto sociale, dell’attività propria dell’impresa, l’attività di affitto di immobili dovrà essere ritenuta abituale e non occasionale: in applicazione della disciplina del pro rata (articolo 19bis del Dpr 633/1972), l’eventuale credito Iva non potrà essere ammesso in detrazione. La tesi contraria a tale interpretazione evidenzia invece che, in questi casi, di solito: l’attività di locazione di beni immobili, pur essendo compresa nell’oggetto sociale dell’impresa, non rappresenta però attività prevalente gli immobili mantenuti in locazione, al momento dell’acquisto, erano magari già locati e quindi la società non potrebbe comunque esimersi dal percepire i canoni.

A tal proposito, comunque, la Cassazione, con sentenza 11073/2006, ha stabilito che “la locazione degli immobili … non rientra ex se nell’attività propria della società che istituzionalmente si occupa di costruzioni”, “ma vi rientra solo ed in quanto rimanga nella gestione conservativa del bene in vista della futura vendita, ed in base a valutazioni imprenditoriali sui tempi prevedibili per l’alienazione”. Le locazioni di immobili poste in essere dalle società immobiliari che si occupano di compravendita, quindi, lungi dall’essere meramente occasionali, rientrano nell’ordinaria sfera di azione dell’impresa e pertanto non possono beneficiare dell’intera detraibilità. E’ ancora la Corte suprema, infatti, nella sentenza citata, ad affermare che “è principio più volte affermato da questa Corte che in tema di Iva, la locazione di fabbricato o di porzione di esso da parte di società, che istituzionalmente si occupa di costruire fabbricati e di rivenderli, è atto che, ai fini dell’applicazione del cosiddetto pro rata di indeducibilità di cui all’articolo 19 del Dpr n. 633/1972, forma oggetto dell’attività propria dell’impresa, in essa ricadendo, non solo gli atti che tipicamente esprimano raggiungimento del fine produttivo dell’impresa individuale o collettiva, come definito nel negozio costitutivo, ma anche gli ulteriori atti che configurino strumento normale per il conseguimento di quel fine secondo parametri di regolarità causale, o siano comunque ad esso legati da un nesso di carattere funzionale non meramente occasionale. Ne consegue che la locazione di un fabbricato o di una sua porzione da parte dell’imprenditore che lo ha realizzato e che si prefigga l’obiettivo di venderlo devesi qualificare, ai fini previsti dalla norma citata, atto compreso nell’attività d’impresa, se rimane sul piano della gestione conservativa in funzione di una successiva vendita, restando nell’amministrazione inclusa anche l’opzione della temporanea devoluzione del godimento del bene a terzi, dietro corrispettivo, in relazione a valutazioni imprenditoriali sui tempi prevedibili per l’alienazione e sui vantaggi dell’una e dell’altra alternativa (ex multis, Cass. n. 6194/2001 e n. 9762/2003)”.

Anche la questione della natura “obbligatoria” del percepimento dei canoni di locazione è stata peraltro risolta dalla giurisprudenza. In particolare, la Commissione tributaria centrale, con decisione 5356/2004, in merito a una vicenda in cui il punto era se i canoni derivanti dalla locazione, pervenuti alla società ex lege (società la cui attività consisteva nella costruzione di immobili), a seguito dell’acquisto dell’immobile da ristrutturare, rientravano o meno nella disciplina di cui all’articolo 19 citato, ha ricordato che “al riguardo la Corte di cassazione (sentenze 12 gennaio 1999, n. 236; 1° giugno 2001, n. 7423; 3 maggio 2001, n. 6194) ha affermato il principio che rientrano nella nozione di attività propria dell’impresa ai fini della riduzione di cui all’art. 19 in questione, non solo gli atti che esprimano tipicamente il raggiungimento del fine produttivo dell’impresa, come definito nel negozio costitutivo, ma anche gli ulteriori atti che si configurino strumento normale per il raggiungimento di quel fine secondo parametri di regolarità causale o che siano comunque ad esso legati da un nesso di carattere funzionale non meramente occasionale. Al principio come sopra affermato dalla Suprema Corte, questo Collegio aggiunge inoltre che nel caso in esame, la locazione di immobili rientrava espressamente tra le attività consentite alla società dal suo atto costitutivo. Ora, anche se è pur vero che tali locazioni erano pervenute alla C. S.p.a. ex lege, ciò non sposta che in quel dato momento la società aveva valutato che le sue finalità erano meglio raggiungibili attraverso l’acquisto di un immobile locato. In buona sostanza per la C. S.p.a. l’acquisto di un edificio su cui gravavano contratti di locazione era il modo più idoneo al raggiungimento ottimale della sua attività lucrativa che, non si ha motivo di dubitare, consisteva essenzialmente nella costruzione o ristrutturazione di immobili. E proprio al fine dell’ottimizzazione dei risultati statutari l’atto costitutivo della società aveva previsto un’ ampia gamma di attività tra le quali la locazione di immobili”.
In conclusione, non c’è dubbio che anche le attività cosiddette strumentali, laddove rientrano nella normale attività lucrativa dell’impresa, devono essere considerate ai fini del calcolo del “pro rata”. Come infine evidenziato dalla Corte suprema con sentenza 7243/2001, “l’occasionalità delle ragioni, che possano suggerire la scelta della locazione al posto dell’amministrazione diretta, non tocca la normalità dell’atto rispetto allo scopo imprenditoriale, nel senso indicato, essendo la relativa connotazione segnata dalla strumentalità della locazione rispetto al fine ultimo di vendere il bene costruito”.

In tal senso si è infine pronunciata anche la Ctp di Firenze, la quale, con la recente sentenza n. 45/2008, ha accolto in pieno le tesi dell’ufficio e ha affermato che “… la locazione e sublocazione di immobili rientrano tra le attività costituenti l’oggetto sociale” e considerato che “nell’anno d’imposta 2004 i beni della società sono costituiti da due immobili, di cui uno, che rappresenta il 50% degli stessi, risulta concesso in locazione”, tale circostanza “non porta a ritenere tale operazione occasionale e/o marginale, poiché alla base della totalità delle operazioni esenti poste in essere nell’anno 2003, pari al 100% del volume d’affari”.
Per tali motivi, i giudici della Ctp hanno dunque ritenuto che si dovesse applicare il pro rata di indeducibilità previsto dall’articolo 19bis1, comma 1, lettera i), del Dpr 633/1972.
Il giudizio di “occasionalità” dovrà dunque sempre basarsi su dati di fatto ed elementi di merito che ne confermino (o smentiscano) la effettività o la mera pretestuosità (a fini evasivi).

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