Società immobiliari, estromissione agevolata solo per gli immobili strumentali per natura

di Redazione 1

Gli immobili strumentali per natura che, dopo aver subito trasformazioni radicali, per il catasto diventano abitazioni, non possono essere estromessi dal patrimonio dell’impresa immobiliare. Il principio, chiarito dalla risoluzione n. 280/E del 4 luglio 2008, vale anche quando i beni fanno parte di un complesso edilizio più vasto che include altri locali accatastati come laboratori per arti e mestieri. Solo questi ultimi rientrano nella procedura di estromissione agevolata, per la quale è richiesto il versamento di un’imposta sostitutiva pari al 10% della differenza tra il valore normale dei beni e il loro valore fiscalmente rilevante. Questo viene calcolato suddividendo per ciascuna particella il corrispettivo pagato complessivamente in misura proporzionale alle rendite catastali assegnate a ciascuna particella. Il valore che risulta da questa proporzione deve essere diminuito delle relative quote di ammortamento già dedotte fino al periodo d’imposta 2007. All’imposta sostitutiva così determinata bisogna inoltre aggiungere un importo pari al 30% dell’Iva applicabile al valore normale del bene.

Con queste considerazioni l’agenzia delle Entrate si discosta in parte dalla soluzione interpretativa avanzata attraverso un’istanza di interpello da un imprenditore individuale che lavora nel settore della locazione di immobili. Sette anni fa, il contribuente ha acquistato un immobile strumentale per natura, classificato al catasto come C/3 (laboratori per arti e mestieri) e composto da più locali accatastati autonomamente e situati al piano terra e al primo piano dello stesso edificio. L’acquisto era stato effettuato a corpo, indicando nella fattura e nell’atto di compravendita un unico prezzo. L’Iva versata per l’operazione è stata chiesta a rimborso e liquidata dagli uffici dell’Amministrazione finanziaria. A cambiare il quadro della situazione interviene, nel 2005, una trasformazione radicale dei locali del primo piano, che passano dalla categoria catastale originaria C/3 alla nuova categoria A/3 (abitazioni di tipo economico). Una circostanza che il contribuente ritiene ininfluente nella procedura per ottenere l’estromissione agevolata dell’intero complesso immobiliare. Dal suo punto di vista, infatti, tutto l’edificio, indipendentemente dalle diverse classificazioni catastali delle particelle che lo compongono, può essere estromesso dal patrimonio dell’impresa individuale avvalendosi della facoltà concessa dall’articolo 1, comma 37, della Finanziaria 2008. L’unica differenza riguarderebbe, a suo giudizio, la misura dell’imposta sostitutiva. Mentre ai locali accatastati ancora come C/3 l’imposta sostitutiva del 10% andrebbe aumentata di un importo pari al 30% dell’Iva applicabile al valore normale delle singole particelle, ai fabbricati trasformati in abitazioni si applicherebbe soltanto la sostitutiva del 10% e non invece la maggiorazione Iva. Inoltre, sempre a parere dell’interpellante, per determinare il valore fiscalmente riconosciuto dei beni su cui calcolare la sostitutiva, bisognerebbe rapportare il valore residuo da ammortizzare alle particelle catastali in base ai metri quadri di ogni particella del complesso immobiliare.

Un sistema di calcolo diverso da quello proposto dall’Agenzia, che tiene conto non della metratura dei locali, ma dei loro valori catastali. Stando alle considerazioni dei tecnici dell’Amministrazione finanziaria, il regime dell’estromissione agevolata può essere applicato solo a quella parte dell’immobile che alla data del 30 novembre 2007 era accatastata come C/3 e quindi risultava strumentale per natura. Resta invece esclusa la restante parte dell’edificio che è stata oggetto di trasformazione e che è passata di conseguenza alla categoria catastale A/3.

A sostegno della sua tesi, la risoluzione richiama la circolare 39/E del 15 aprile scorso, che precisava che l’esclusione dal patrimonio dell’impresa riguarda esclusivamente due categorie di immobili: quelli strumentali per destinazione, ossia usati soltanto per le attività d’impresa a prescindere dalle caratteristiche specifiche quelli strumentali per natura, che presentano caratteristiche tali da non essere utilizzabili per altri scopi senza subire radicali trasformazioni. Questo genere di fabbricati è considerato strumentale anche se non viene usato direttamente dall’imprenditore o viene dato in affitto o comodato.
Lo stesso documento di prassi specificava il significato da attribuire al concetto di strumentalità per natura degli immobili, che va inteso in senso oggettivo, indicando gli immobili dei gruppi catastali B, C, D e E, oltre che della categoria A/10 se la destinazione a ufficio è prevista dalla concessione o dalla licenza edilizia. Il carattere strumentale deve poi sussistere alla data del 30 novembre 2007.
Accanto a questi principi generali, la risoluzione sottolinea la necessità di tener conto delle peculiarità del settore immobiliare in cui opera il contribuente. A questo proposito, la Corte di cassazione si è espressa più volte, ricordando che l’immobile locato da un’azienda immobiliare non può essere considerato strumentale all’attività dell’impresa, essendo piuttosto l’oggetto dell’attività. È in base a queste valutazioni che tra gli immobili strumentali di una società immobiliare rientrano soltanto gli immobili strumentali per natura, indipendentemente dalla loro effettiva destinazione e dalla loro eventuale locazione. Ne deriva che il regime di estromissione agevolata non può essere sfruttato per quella parte dell’immobile che al catasto è registrata come abitazione. “Il carattere strumentale dell’immobile – si legge infatti nel testo – deve essere verificato alla data del 30 novembre 2007 e pertanto in relazione a tali locali, trasformati nel 2005, il requisito della strumentalità per natura non può essere riconosciuto alla data del 30 novembre 2007”. Resta comunque possibile estromettere dal patrimonio imprenditoriale il resto dell’edificio che, al 30 novembre scorso, risultava accatastato come C/3 e quindi strumentale per natura. A margine di questo ragionamento, la risoluzione ricorda infine che nessuna quota di ammortamento e nessun altro componente negativo relativo agli immobili di tipo abitativo, ad eccezione degli interessi passivi di finanziamento, possono essere dedotti dall’imprenditore che esercita attività immobiliare. Al contrario, questo tipo di immobili concorre alla formazione del suo reddito d’impresa.

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Commenti (1)

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