Relazione annuale sullo stato dei servizi e sull’attività svolta dall’Autorità per l’energia: sistemi energetici europeo e nazionale

di Redazione Commenta

I problemi che l’Unione Europea deve affrontare (in termini di sicurezza ed economicità degli approvvigionamenti, e di funzionamento del sistema energetico interno) stanno giustamente coinvolgendo anche aspetti quali lo sviluppo sostenibile e la necessità di ulteriori forti impulsi per accelerare il cammino verso un vero, aperto, efficiente ed integrato mercato dell’energia. Circa il primo aspetto, lo sviluppo sostenibile, l’UE sta impegnandosi con iniziative che dovrebbero concretizzarsi in obiettivi quantitativi molto ambiziosi, da raggiungersi entro il 2020, come riduzione delle emissioni di CO2, aumento delle coperture da fonti rinnovabili e risparmio energetico. Emissioni di gas serra. L’Unione europea si sta muovendo secondo un percorso particolarmente sfidante, che, tuttavia, dovrebbe essere valutato anche in termini di efficacia rispetto all’obiettivo globale di riduzione delle emissioni. Gli sforzi europei hanno già dato un notevole ed oneroso contributo all’attuale schema emission trading mondiale, con un 70% in volume (2 miliardi di tonnellate di CO2 ) ed un 78% in valore. Di contro, sulla base delle ultime previsioni dell’Agenzia Internazionale dell’Energia, Stati Uniti, Cina, Russia e India potrebbero arrivare a produrre due terzi dell’aumento delle emissioni di CO2 legate al settore energetico. In quest’ottica, occorre prendere coscienza che gli impegni assunti fino ad oggi in termini unilaterali sono risultati inefficaci. In un contesto di globalizzazione, tali impegni hanno infatti favorito il processo di delocalizzazione di produzioni verso quei Paesi, come Cina ed India, che si sono sottratti a limiti e vincoli.

Dal punto di vista ambientale, ciò si è tradotto in un risultato negativo, causato dalla minore efficienza che tali Paesi hanno nella produzione di beni che vengono consumati dall’Europa e dagli Stati Uniti. In Cina, diventata ormai il Paese con le maggiori emissioni mondiali, superiori
a quelle dell’intera Europa, i consumi interni pesano sulla composizione del PIL per poco più di un terzo: ciò vuol dire che le emissioni cinesi sono emissioni indotte dai consumi europei ed americani. È chiaro quindi che il modello fino ad oggi adottato per affrontare il problema dei cambiamenti climatici non ha funzionato e rischia di indurre risultati controproducenti.
Purtroppo le scelte dell’Unione Europea non sembrano prendere in piena considerazione la situazione e continuano a privilegiare lo strumento unilaterale del cap and trade, basato sulle emissioni nei territori dei singoli Stati. Nel gennaio scorso, con la pubblicazione della proposta di revisione della Direttiva per lo schema emission trading (ETS), l’Unione europea ha sostanzialmente confermato la direzione intrapresa. In tema di cambiamento climatico, la sfida globale dei prossimi anni richiederebbe invece una risposta altrettanto globale, che coinvolga tutti i continenti, tutti gli sviluppi tecnologici, tutti i settori dell’intervento umano (non solo energetici) e tutti i meccanismi di interscambio. In questo senso abbiamo avanzato da tempo un contributo propositivo per un approccio integrato (a livello internazionale) di politiche
ambientali e commerciali, che scoraggi forme di dumping ambientale e che, con accordi a livello di WTO, guardi anche al contenuto CO2 dei prodotti commercializzati, introducendo pure meccanismi di border tax adjustment. Uso razionale dell’energia La sorgente energetica più virtuosa (ancorché virtuale) è l’utilizzo razionale delle risorse energetiche. A questo proposito sono significativi l’interesse internazionale ed i concreti risultati che stanno caratterizzando il meccanismo di mercato introdotto nel nostro Paese, quei certificati bianchi che hanno raggiunto il terzo anno di attuazione e con cui sono stati conseguiti risultati superiori alle attese. Ad oggi, l’Autorità, con la collaborazione dell’Enea, a cui va un sentito ringraziamento, ha verificato circa 3.200 interventi, certificando un risparmio superiore a 2 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio (tep).
Tale risparmio supera l’obiettivo del triennio 2005-2007, fissato in circa 1,1 milioni di tep. I risparmi energetici realizzati equivalgono al consumo domestico annuo di una città di oltre due milioni e mezzo di abitanti, alla produzione elettrica annua di tre centrali termoelettriche di media
grandezza (un totale di oltre 1.100 MWe) ed hanno permesso di evitare emissioni per circa 5,3 milioni di tonnellate di anidride carbonica. Anche in termini economici, il vantaggio ottenuto per tutti i consumatori supera decisamente (con un rapporto di circa 1 a 8) il contributo tariffario già in bolletta, a sostegno del risparmio energetico. Il meccanismo sta inducendo anche lo sviluppo dell’offerta di servizi energetici per il risparmio da parte di un crescente numero di imprenditori, nonché l’avvio di nuove iniziative di informazione e sensibilizzazione rivolte ai consumatori. Il contenimento dei consumi energetici (sulla base di nuovi comportamenti individuali o sociali, della innovazione tecnologica e di meccanismi efficaci ed efficienti) dovrà avere un ruolo fondamentale nello sforzo del nostro Paese per contribuire alla riduzione delle emissioni di gas serra, per ampliare indirettamente la quota da fonti rinnovabili, per migliorare
la sicurezza ed attenuare i costi per i consumatori. Il meccanismo dei certificati bianchi ha quindi dimostrato di poter dare un contributo significativo ed è dunque auspicabile un suo
ulteriore prolungamento, coerente con l’orizzonte temporale degli impegni europei, e un suo consolidamento, al fine di dare certezza agli investitori e garantire lo sviluppo degli interventi di natura più strutturale.

Fonti energetiche rinnovabili Per muovere verso un’economia a basso contenuto di carbonio ed
un mix meno idrocarburi-dipendente, si guarda anche ed opportunamente allo sviluppo delle fonti rinnovabili. Le istituzioni europee hanno individuato un obiettivo molto sfidante: coprire, al 2020, il 20% dei consumi con fonti rinnovabili. È stato chiesto all’Italia di contribuire a tale obiettivo con una quota di rinnovabili pari al 17% (fermo restando il vincolo del 10% di biocarburanti sul consumo nazionale per i trasporti). Tale obiettivo, se non modificato, comporterà per il sistema Italia un ingente impegno di risorse e un’intensa azione di regolazione e controllo. L’Autorità, per la parte di competenza, si è già attivata con interventi di riordino e completamento del quadro normativo per facilitare l’accesso dell’energia prodotta da fonti rinnovabili sia alle reti che al mercato. Occorre però segnalare la necessità di superare alcune
problematiche relative alle autorizzazioni che, sempre più frequentemente,
costituiscono un impedimento allo sviluppo. L’Autorità ha pure monitorato costantemente la dinamica degli oneri sui consumatori per la promozione delle fonti rinnovabili. Ad esempio, l’Autorità è intervenuta per adeguare i prezzi riconosciuti agli impianti rinnovabili e assimilati che godono del cosiddetto. Tale intervento, che ha superato positivamente il vaglio del Consiglio di Stato nello scorso marzo, ha consentito di ridurre gli oneri a carico della bolletta elettrica di circa 600 milioni di euro all’anno. Le nuove incentivazioni per le rinnovabili, varate negli ultimi anni, e soprattutto i nuovi obiettivi quantitativi già ricordati, possono tuttavia
comportare un costo assai elevato per il sistema nazionale: se raggiunti pienamente, essi potrebbero portare ad un onere per gli utenti elettrici (componente A3 della bolletta) pari a circa 200 miliardi di euro per il periodo da oggi al 2035, con un picco annuale di 11 miliardi attorno all’anno 2020.
Si tratta di un impegno imponente, che potrebbe trovare parziale giustificazione, oltre che nella necessità di diversificare il mix di copertura energetica, in presenza anche di importanti ricadute
di sviluppo tecnologico ed industriale. In questo senso appare opportuna un’approfondita analisi costi/benefici, tenendo conto della specificità di ogni singola tecnologia o sorgente, essendo le
fonti rinnovabili ben diverse l’una dall’altra. Ciò potrebbe consentire
una configurazione progressivamente più mirata ed efficiente del sistema di incentivazioni, da sottoporsi ad ogni più attento monitoraggio.

– Autorità per l’energia elettrica e il gas

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