Secondo il primo rapporto Nomisma 2008, la diminuzione dei rendimenti perdura anche in questo segmento. Mentre la dinamica dei tempi di trattativa che si allungano conferma l’indebolimento della domanda. La forte incertezza circa la misura del rallentamento del mercato immobiliare italiano, dove le opinioni fluttuano fra la valutazione che ci si trovi di fronte a una pausa di riflessione, con conseguenti limitati aggiustamenti, e quella secondo cui ci si troverebbe già in un contesto di recessione deflattiva, si riscontra anche nel mercato locativo.
L’indagine Nomisma sui mercati, cosiddetti intermedi, mostra senza eccezione una riduzione
dei rendimenti medi delle diverse tipologie immobiliari. Ciò riflette andamenti – peraltro già
precedentemente osservati, a fine 2007, anche con riferimento alle città di maggiore dimensione – quasi piatti dei canoni di locazione monetari, andamenti che divengono negativi in termini reali.

Anche la dinamica dei tempi di vendita e di locazione, che si allungano sistematicamente, tornando ai valori che assumevano fra la fine degli anni ‘90 e l’inizio del 2000, va nella direzione
della conferma dell’ulteriore indebolimento della domanda rispetto all’offerta.
Non diversamente è possibile commentare anche l’ampliamento dello sconto praticato sul prezzo richiesto dai venditori ed espresso dal divario percentuale fra prezzo richiesto e prezzo effettivo. Infatti anche in tal caso constatiamo un ulteriore, ma assai contenuto, incremento
su base annua del differenziale che, per esempio, nel caso delle abitazioni, passa dal 10,6% di un anno addietro al 10,7% di oggi. Percezioni troppo grige. Dai dati precedenti sulle variazioni
dei valori commerciali, dei canoni di locazione, dei tempi di vendita e di locazione, e dello
sconto sui prezzi si ricava, tuttavia, una idea meno radicale del cambiamento in corso rispetto
a quella desumibile dagli ultimi dati qualitativi. Il campione di operatori immobiliari intervistati, infatti, restituisce, in termini qualitativi, una fotografia delle tendenze immobiliari in corso ben più negativa rispetto a quella che emerge nel confronto intertemporale e quantitativo fra la situazione attuale e un anno addietro. Le risposte ai nostri questionari sono infatti nette e vanno nella direzione di una valutazione pesante circa il profilo della congiuntura.
Ora, la contraddizione fra una misura della crisi contenuta, quando si ragiona con le quantità,
e una misura più negativa, quando sono le qualità a prevalere, potrebbe dipendere dal
fatto che l’intervistato esprime il suo giudizio qualitativo sotto l’influenza dei fatti più recenti,
per cui se è un periodo in cui la domanda è scomparsa e non si chiudono contratti nuovi “dimentica” che sino a poco tempo prima ne aveva conclusi, mentre quando fornisce il dato relativo ai valori attuali per tipologia e zona, la misura di tali valori non viene influenzata dal fatto che essi non sfociano, se non in misura inferiore al passato, in compravendite concluse. Pertanto, potrebbe non esservi contraddizione insanabile fra il fatto che il 71,4% degli intervistati nelle città di dimensione intermedia dichiarino che i prezzi sono in diminuzione
(contro il 14,3% che li vede stabili e un identico 14,3% che li percepisce in aumento)

Anna Carbone
– Attico informa –
www.bpmediagroup.it

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