Il cambio di segno nell’andamento del mercato edilizio per lo sgonfiamento della bolla sugli immobili e la prospettiva di una “crisi di rendita” incombente – più che la perdurante crisi abitativa che colpisce la domanda – hanno indotto il Governo a varare nell’ambito del decreto sulla manovra finanziaria 2009 un piano casa 1 con le fattezze che di seguito esamineremo. Il “piano Berlusconi-Tremonti” (d’ora in poi solo il Piano) soppianta il piano casa del precedente governo, sia perché ne assorbe le risorse, sia perché avanza la pretesa di realizzare un cambiamento conclusivo delle strategie d’intervento fin qui perseguite dallo stato in materia di politiche pubbliche per la casa, con il coinvolgimento di nuovi attori e l’impiego di nuovi modelli di finanziamento e di governance dell’intervento di welfare nel settore dell’edilizia abitativa. La nostra ipotesi interpretativa è che il cambiamento ordinamentale in corso miri ad una ristrutturazione del comparto e dell’intervento pubblico verso schemi e stili di welfare abitativo organici ad un modello di «stato sociale minimo».

Normative statali e regionali di conio recente (1997-2008) hanno tracciato una prospettiva delle politiche pubbliche per la casa contraddistinta da un percorso di tipo recessivo non solo dal lato della spesa sociale2 e dell’intervento diretto, ma anche dal lato delle tutele e delle garanzie di accesso ai servizi. È in questo contesto che si profila il tentativo di riposizionare le politiche
pubbliche per la casa sul comparto del c.d. «social housing», abbandonando del tutto l’intervento diretto sovvenzionato e puntando a realizzare, con regimi di project financing e di partenariato pubblico-privato,3 offerte abitative la cui connotazione sociale risiede solamente nel fatto di proporre una purchessia edilizia residenziale sottomercato.
In ragione dell’entità dell’agevolazione pubblica prestata all’operatore – si tratti di un concorso finanziario, oppure del trasferimento o dell’incremento premiale di diritti edificatori, o di una fiscalità di vantaggio, o della cessione di diritti edificatori come corrispettivo della realizzazione di beni di proprietà pubblica – si produrrà un’edilizia abitativa a canone moderato, speciale, sostenibile, convenzionato e, infine, anche quote minime di edilizia a canone sociale.

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