Titoli non svalutabili e beni immobili rivalutabili per i soggetti che non adottano i principi internazionali. Titoli del circolante valutati come se la crisi dei mercati non ci fosse stata. Immobili che adeguano il loro valore, abbandonando il costo storico. Il decreto anticrisi dà, così, ossigeno anche ai bilanci dei soggetti che non adottano i principi contabili internazionali, consentendo, nel primo caso, di non svalutare le azioni in portafoglio non iscritte fra le immobilizzazioni e, nel secondo, di rivalutare (anche se fiscalmente a pagamento) i beni immobili, a esclusione di quelli merce e delle aree fabbricabili. Nell’esercizio in corso alla data di entrata in vigore del Dl 185/2008 (29 novembre 2008), i soggetti che applicano i principi contabili nazionali possono contabilizzare i titoli dell’attivo circolante allo stesso valore a cui erano iscritti nell’ultimo bilancio approvato o, se presente, a quello risultante dall’ultima relazione semestrale approvata. La norma di favore (introdotta in considerazione della “eccezionale situazione di turbolenza nei mercati finanziari”) non opera se le perdite hanno carattere durevole. Si ricorda che, in generale, tutti i titoli non immobilizzati (in generale, obbligazioni, azioni e titoli assimilati) vanno iscritti, a fine esercizio, al minore fra costo e valore di realizzazione desumibile dall’andamento del mercato, valore costituito per i titoli quotati in mercati organizzati, dalla loro quotazione ufficiale (il principio contabile nazionale n. 20 dà l’indicazione di far riferimento alla media dell’ultimo mese o, se il mercato è in flessione, di valori medi per periodi inferiori, come, ad esempio, l’ultima settimana) per i titoli non quotati, dalla quotazione di titoli similari per affinità di emittente, durata e cedola o, in mancanza, dal valore nominale, rettificato per tener conto del rendimento espresso dal mercato con riferimento a titoli di pari durata e di pari affidabilità di emittente.

Il decreto (articolo 15, comma 13) lascia poi aperta la porta a una proroga della disposizione, che potrà essere estesa, con decreto del ministro dell’Economia e delle Finanze, anche all’esercizio successivo, “in relazione all’evoluzione della situazione di turbolenza dei mercati finanziari”. Per inciso, la possibilità di non svalutare i titoli del circolante è concessa anche alle imprese del settore assicurativo. Per queste, sarà l’Isvap a “regolamentare” le modalità attuative, salvaguardando la stabilità del settore e garantendo gli interessi degli assicurati. Allo stesso fine è prescritto l’accantonamento degli utili corrispondenti alla mancata svalutazione.
Immobili più pesanti. Le società, di persone e di capitali (nello specifico, la norma si rivolge a tutti i soggetti indicati nell’articolo 73, comma 1, lettere a) e b), del Tuir, nonché alle società in nome collettivo, in accomandita semplice ed equiparate), che non adottano i principi contabili internazionali, possono rivalutare i beni immobili risultanti dal bilancio in corso al 31 dicembre 2007, ad esclusione delle aree fabbricabili e degli immobili alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività di impresa. La rivalutazione (che va eseguita nel bilancio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007, per il quale il termine di approvazione scade successivamente al 29 novembre 2008) deve riguardare tutti i beni appartenenti alla stessa categoria omogenea. In tal senso, gli immobili ammortizzabili e quelli non ammortizzabili vanno compresi in categorie distinte.
Il saldo di rivalutazione, che andrà imputato al capitale o accantonato in una riserva ad hoc in sospensione di imposta, può essere affrancato con il pagamento di un’imposta sostitutiva dell’Irpef, dell’Ires, dell’Irap e di eventuali addizionali, con aliquota del 10 per cento.
Il riconoscimento fiscale del maggior valore attribuito ai beni immobili, che arriverà a decorrere dal terzo esercizio successivo a quello con riferimento al quale la rivalutazione è stata effettuata, sarà ottenuto con il pagamento di una imposta sostitutiva dell’Irpef, dell’Ires, dell’Irap e di eventuali addizionali, pari al 10% per gli immobili ammortizzabili e al 7% per gli immobili non ammortizzabili. Se il bene rivalutato esce dal patrimonio aziendale (cessione a titolo oneroso, assegnazione ai soci, destinazione a finalità estranee all’esercizio dell’impresa ovvero al consumo personale o familiare dell’imprenditore) prima dell’inizio del quarto esercizio successivo a quello nel cui bilancio la rivalutazione è stata eseguita, le plusvalenze e le minusvalenze saranno determinate senza tener conto del maggior valore iscritto in sede di rivalutazione. Le imposte sostitutive – compensabili ai sensi del Dlgs 241/1997 – possono essere versate in un’unica soluzione ovvero in tre rate. Nel primo caso, il pagamento deve avvenire entro il termine di versamento del saldo delle imposte sui redditi dovute per il periodo di imposta con riferimento al quale la rivalutazione è eseguita. Se si opta per il pagamento dilazionato: la prima rata ha come scadenza il termine di versamento del saldo delle imposte sui redditi dovute per il periodo di imposta con riferimento al quale la rivalutazione è eseguita le altre due (su cui sono dovuti gli interessi legali in misura pari al 3% annuo) vanno versate entro il termine previsto per il pagamento del saldo delle imposte sui redditi relative ai periodi d’imposta successivi.

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