La tematica affrontata dalla risoluzione n.480/E riguarda il trattamento fiscale applicabile, ai fini dell’imposta di registro, agli atti di concessione di alloggi popolari posti in essere da un ente pubblico economico, dotato di personalità giuridica e autonomia imprenditoriale, gestionale, patrimoniale e contabile, con la finalità di rispondere alla domanda abitativa di soggetti in condizioni economiche disagiate. La fattispecie trae spunto da un intervento normativo volto a modificare una legge regionale e, segnatamente, nel prevedere che ove ricorrano le espressioni “contratto”, “canone di locazione” e “locazione” le stesse debbano essere sostituite con “atto di concessione amministrativa” “canone d’uso” e “concessione” (legge regionale della Sardegna 7/2003). L’ente in questione, in quanto ente pubblico economico e successore degli Iacp in tutti i rapporti giuridici attivi e passivi, rientra tra gli enti pubblici aventi per oggetto esclusivo o principale attività di carattere commerciale. Pertanto, ai fini Iva, l’attività svolta dall’ente pubblico economico è riconducibile all’articolo 4, secondo comma, n. 2), del Dpr 633/1972, in base al quale si considerano in ogni caso effettuate da “enti pubblici e privati, compresi i consorzi, le associazioni o altre organizzazioni senza personalità giuridica e le società semplici, che abbiano per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali o agricole”. Per quanto concerne l’esistenza del requisito oggettivo ai fini Iva, ai sensi dell’articolo 3 del Dpr 633/972, “costituiscono inoltre prestazioni di servizi, se effettuate verso corrispettivo: le concessioni di beni in locazione, affitto, noleggio e simili”.

La fattispecie trattata nella risoluzione in esame fa il paio con una recente pronuncia della Corte di giustizia Ue (causa C-174/2006 del 25 ottobre 2007) che si è occupata di una questione analoga. I supremi giudici comunitari si sono pronunciati in merito alla riconducibilità degli atti concessori di beni demaniali, emessi da enti portuali, allo schema della locazione, ai fini dell’assoggettamento a Iva. La Corte di giustizia ha fornito una serie di chiarimenti, sulla scorta di quanto previsto dall’articolo 13, parte B, lettera b), della direttiva n. 77/388/Cee del 17 maggio 1977 (“sesta direttiva”), secondo cui “…fatte salve altre disposizioni comunitarie, gli Stati membri esonerano dall’IVA alle condizioni da essi stabilite per assicurare la corretta e semplice applicazione delle esenzioni sotto elencate e per prevenire ogni possibile frode, evasione ed abuso: ” (…) b) l’affitto e la locazione di immobili…”: il consorzio è un ente pubblico economico che opera non in nome e per conto dello Stato ma in nome proprio, in quanto amministra i beni del demanio che gli sono affidati adottando decisioni autonome in mancanza dei requisiti cumulativi dell’esercizio di attività da parte di un ente pubblico e dell’esercizio di attività in veste di pubblica autorità, non si applica l’esenzione di cui all’articolo 4, n. 5), primo comma, della sesta direttiva quanto alla riconducibilità del rapporto concessorio alla locazione di beni immobili ai sensi del citato articolo 13 della sesta direttiva Cee, secondo costante giurisprudenza comunitaria le esenzioni di cui al predetto articolo 13 costituiscono nozioni autonome di diritto comunitario e devono pertanto ricevere una definizione comunitaria la locazione di immobili di cui al citato articolo 13 consta nel conferimento da parte del locatore al locatario del diritto di occupare un immobile come se quest’ultimo ne fosse proprietario e di escludere qualsiasi altra persona dal godimento di tale diritto per una durata convenuta e dietro corrispettivo. Pertanto, anche il rapporto concessorio oggetto della controversia C-174/2006, rientra in tale tipologia contrattuale.
Costituiscono infatti, a detta della Corte di giustizia, elementi sufficienti a ritenere riconducibile tale rapporto concessorio alla locazione di beni immobili come disciplinata dal citato articolo 13 della sesta direttiva, la contemporanea sussistenza di elementi quali la messa a disposizione di un bene pubblico, il diritto di occupare e utilizzare in modo anche esclusivo tale bene per una durata limitata e dietro corrispettivo.
Ciò posto, con riferimento alla fattispecie trattata, la risoluzione 480/2008, in base alla vigente normativa nazionale e regionale in materia di assegnazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica, perviene alla conclusione che il rapporto intercorrente tra concedente e concessionario è assimilabile a un rapporto di locazione, in presenza degli elementi individuati dalla giurisprudenza comunitaria per la qualificazione di tale rapporto come contratto di locazione.
Non sono quindi riferibili al caso in esame i chiarimenti forniti con circolare 33/2006, in merito alla non riconducibilità tra le locazioni di beni immobili delle concessioni e subconcessioni di beni demaniali. Pertanto, gli atti tramite i quali un ente pubblico economico procede all’assegnazione di alloggi popolari rientrano tra le prestazioni di servizi di cui all’articolo 3 del Dpr 633/1972, essendo riconducibili tra “le concessioni di beni in locazione, affitto, noleggio e simili”.
Fatta questa premessa, i tecnici del Fisco rilevano che, ai sensi dell’articolo 10, comma 1, n. 8), del Dpr 633/1972, le locazioni di beni immobili a uso abitativo sono esenti ai fini Iva, salvo alcune eccezioni tassativamente previste. Inoltre, ai fini dell’imposta di registro, l’articolo 40 del Testo unico dell’imposta di registro (Tur), che prevede il principio di alternatività Iva – registro, stabilisce che “per gli atti relativi a cessioni di beni e prestazioni di servizi soggetti all’imposta sul valore aggiunto, l’imposta si applica in misura fissa. Si considerano soggette all’imposta sul valore aggiunto anche le cessioni e le prestazioni per le quali l’imposta non è dovuta a norma dell’articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e quelle di cui al sesto comma del successivo art. 21, ad eccezione delle operazioni esenti ai sensi dell’articolo 10, numeri 8), 8 bis) e 27 quinquies) dello stesso decreto”. Considerata l’eccezione posta dall’articolo 40 del Tur per le operazioni esenti di cui al citato articolo 10, n. 8), del Dpr 633/1972, ai contratti stipulati tra l’ente pubblico economico e i conduttori degli alloggi si applica l’imposta di registro in misura proporzionale, con aliquota del 2% (articolo 5, comma 1, lettera b), della tariffa, parte prima, allegata al Tur).
Con riferimento alla fattispecie in esame, pertanto, i contratti di locazione di immobili abitativi sono soggetti all’imposta di registro in misura proporzionale del 2% per le locazioni esenti, in misura fissa di 168 euro per quelle imponibili.


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