Focus. Scenari immobiliari e beni pubblici

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Focus. Scenari immobiliari e beni pubblici

È stato presentato a Roma, dal noto istituto di ricerche indipendenti Scenari Immobiliari, un estratto dello studio, ancora in corso di pubblicazione, sul patrimonio immobiliare pubblico nell’ Unione Europea, lavoro che, sinteticamente, si può raffigurare come un iceberg, dove la parte ”sconosciuta” è enorme ed è la più grande

Il punto di partenza è la crisi economica internazionale, stante la quale, i singoli stati membri dell’ Unione Europea, chi più e chi meno, si trovano tutti nella condizione di avere sforato di parecchi punti percentuali il rapporto fra Prodotto Interno Lordo (Pil) e debito pubblico (l’ Italia, ha il triste primato di questa speciale classifica con una percentuale dell’ 115%, a fronte di un Patto di Stabilità che prevede di non sforare il 60%).

Una delle soluzioni attuabili e peraltro già attuata da anni da quasi tutti i paesi di Eurolandia, per non trovarsi in una situazione drammatica come quella che sta vivendo in questi giorni il popolo ellenico, è la programmazione di una vendita di beni immobiliari appartenenti al patrimonio pubblico, motivo per il quale è utile conoscere lo stato di salute dei singoli paesi e, a tale proposito, le novità emerse dal presente studio sono interessanti e meritano un approfondimento.

A tale proposito, è interessante evidenziale come nel triennio 2006 – 2009 il Paese che ha fatto maggiormente ricorso alla vendita del patrimonio pubblico è stata la Germania che ha alienato circa un terzo del proprio patrimonio, seguita da Italia e Svezia con una percentuale del 15%; a metà classifica si trovano il Regno Unito e la Francia con valori rispettivamente che si attestano sul 10% e sul 6%.

Fra gli stati meno favorevoli all’ alienazione troviamo il Belgio che, con una percentuale del 5%, ha optato, al pari dei Governi olandesi e spagnoli, per un ”atteggiamento conservativo, in quanto ritengono che il contenimento del debito pubblico non possa passare attraverso la vendita del patrimonio statale, considerato elemento fondamentale dell’ identità nazionale”.

E se lo strumento finanziario maggiormente utilizzato per gestire le alienazioni è quello del leaseback, occorre evidenziare come tutti i paesi (in particolare quelli meno favorevoli alla vendita e / o quelli che hanno già venduto parti consistenti del proprio patrimonio) hanno comunque l’ obbligo di migliorare i conti pubblici con strategie che puntano su efficienza e razionalizzazione, strada che è stata intrapresa, non con pochi ostacoli, anche dal Ministro italiano Renato Brunetta, il quale sta impegnandosi a fondo per cercare di migliorare i troppi sprechi del settore pubblico nostrano (un’ altra via per l’ ottimizzazione dei conti pubblici il federalismo fiscale che consentirebbe una migliore gestione dei soldi delle tasse, con l’ auspicio di minori sprechi).

Venendo ad analizzare il caso Italia, interessante evidenziare, in primis, il valore immobiliare degli immobili pubblici. I beni statali nostrani ammontano a circa 205 miliardi di euro, con le regioni Lombardia e Valle d’ Aosta ove sono ubicati i patrimoni più ingenti, mentre, a livello comunale, Roma Torino e Genova dispongono della più elevata percentuale di immobili. Per quanto concerne, invece, le destinazioni d’ uso il patrimonio regionale è prevalentemente a uso terziario, mentre, quello dei capoluoghi è concentrato sul residenziale.

Il popolo italiano si trova, dunque, nella drammatica situazione di dovere scegliere (e speriamo che qualche politico lo informi!) se continuare a vivere in questa situazione con sempre più drammatiche conseguenze, nel medio / lungo periodo, per le generazioni a venire, oppure, se accettare la sfida e iniziare da subito un percorso virtuoso di miglioramento costante dei conti pubblici che passa inevitabilmente da leggi finanziarie più rigorose e da una politica economica di lacrime e sangue che impedisca, in fase di espansione, di regalare soldi a pioggia per garantirsi una rielezione e che consenta, invece, in periodi di recessione, di utilizzare le economie risparmiate durante il periodo di vacche grasse, come biblicamente suggeriva il saggio Giuseppe al Faraone d’ Egitto.

Il percorso è lungo, pieno di difficoltà e molto complicato da iniziare in un periodo di recessione, ma è l’ unica via per garantire un futuro migliore ai nostri figli e se siamo stati capaci di passare dal 60 al 100 per cento di rapporto Debito Pubblico – Prodotto Interno Lordo in venti anni circa (fra il 1980 e il 2000), nulla vieta – anzi è auspicabile – di riuscire a fare il percorso inverso nei prossimi lustri, o almeno provarci.

Kevin John Carones
Anna Sara Balloni

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