Rapporto Nomisma 2011, Osservatorio sul mercato dei beni artistici, focus sull’arte moderna e contemporanea

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Il giro d’affari complessivo dell’arte moderna e contemporanea in Italia è stimato per il 2010 in quasi 158 milioni di euro, in lieve crescita (+2,7%) rispetto al 2009, anno della débâcle del comparto (-60,6%)

Il mercato risulta ancora sottile e frammentario, soprattutto se si pensa alla dimensione economica raggiunta dalle transazioni del mercato dell’arte italiano nel suo complesso (stimata in poco più di 1 miliardo di euro), rispetto ad altri settori dell’economia italiana (l’immobiliare, ad esempio, vale circa 110 miliardi di euro annui. Da sottolineare come il dato risulta penalizzato da alcune peculiarità specifiche del mercato dell’arte in Italia, caratterizzato da una rilevante quota di scambi sommersi e da una scarsa attrazione esercitata verso nuovi investitori-collezionisti.

Per il 2011, oltre il 60% dei galleristi ritiene che il valore delle scambi del comparto dell’arte contemporanea risulterà costante o in lieve aumento. La percentuale sale ad oltre il 70% se ci si riferisce al comparto dell’arte moderna.

L’analisi dati ufficiali di mercato raccolti nella Banca dati Nomisma (dichiarazioni degli scambi rese dagli intermediari professionali alla SIAE a partire dal 2006) permette di ricostruire il controvalore delle opere d’arte soggette a Diritto di seguito (DDS) compravendute sul territorio, facendo emergere alcuni spunti interessanti sulla quota intermediata dai vari canali di vendita e sulla concentrazione degli scambi nelle regioni italiane.

Nel primo semestre del 2010 risulta ancora una predominanza degli acquisti di opere d’arte in gallerie (51,81%), ma con un incremento della quota intermediata dalle case d’asta rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (da 33,38 a 42,19%), segnale evidente che la strategia delle case d’asta sembra essere stata più adeguata a fronteggiare la crisi economica.

Quanto alla distribuzione territoriale, invece, in sole tre regioni – Lombardia, Veneto e Piemonte – è stato intermediato il 77,13% dell’intero valore degli scambi del primo semestre del 2010. Tale concentrazione è aumentata soprattutto in Lombardia, a scapito della Toscana, anche se il dato potrebbe essere con ogni probabilità influenzato dalla diversa politica commerciale posta in essere, in concomitanza con la crisi economica, dagli operatori del settore.

Alcune gallerie meno strutturate e più in difficoltà, per esempio, potrebbero non avere più ”rischiato di alimentare il magazzino”, acquistando esse stesse le opere dagli artisti per poi collocarle sul mercato secondario, e avrebbero, invece, preferito l’intermediazione pura delle opere degli artisti sul mercato primario.

Per valutare la capacità dell’arte di comportarsi come bene rifugio, è possibile fare riferimento al 1995-2010, arrivando a concludere che solo gli indici di prezzo relativi al mercato internazionale dell’arte (NWA) e al comparto contemporaneo in Italia (NIC) evidenziano la loro capacità di tenuta rispetto all’indice generale dei prezzi. Per testare, invece, la capacità dell’arte di essere difensiva nei periodi di incertezza e instabilità economica, è opportuno riferirsi al periodo 2006-2010, durante il quale né l’arte moderna (NIM) né quella contemporanea (NIC) manifestano il proprio carattere protettivo e di anticiclicità.

Tra i possibili asset d’investimento, quello in arte sta mostrando buoni risultati in termini di rischio-rendimento, nonostante il settore risulti ancora troppo sottile e frammentario: l’investimento in arte batte quasi sempre quello in azioni, ma non riesce a sostenere il passo dell’oro. Da sottolineare, però, una marcata differenza tra il ritorno ricavabile sul mercato internazionale rispetto a quello italiano, nonché il divario, rilevato nel nostro Paese, tra l’andamento dei comparti moderno e contemporaneo. A partire dal 1995, l’investimento in opere d’arte riconosciute scambiate a livello internazionale ha restituito un rendimento medio annuale dell’1,9%.

Si tratta di un risultato non elevato se comparato ai tassi di crescita fatti segnare dagli altri asset d’investimento (2,6% della Borsa statunitense e 4,0% del contratto derivato sull’oro quotato sul Comex), ma sicuramente positivo in virtù della protezione garantita rispetto all’inflazione lungo tutto il periodo. Anche limitando l’analisi dell’ultimo lustro, il mercato internazionale dell’arte ha garantito un ritorno medio annuale positivo (1,1%), a fronte di un’erosione del valore registrata sul mercato dell’arte moderna in Italia (-2,2% all’anno). Significativa è poi è la differenza di comportamento, sul mercato italiano, tra il comparto moderno e quello contemporaneo, sia nel lungo periodo che in reazione alla recente crisi economica.

Il segmento dell’arte contemporanea è cresciuto molto velocemente nel periodo 1995-2010, con un tasso di rendimento medio annuale del 3,9% (molto vicino al 4,0% registrato dall’oro), dimostrando, al contempo, di sapere reggere meglio il colpo assestato dalla crisi (+0,3% all’anno a partire dal 2006). Una protezione di valore assimilabile a quella registrata dall’investimento in nuove abitazioni situate nelle grandi città italiane, ma non rilevabili in corrispondenza del segmento dell’arte moderna, che con un -2,2% all’anno avrebbe solo limitato le perdite rispetto a chi, nello stesso periodo, avesse investito sul listino azionario di Piazza Affari (-6,3%).

Ad oggi, un euro investito nominalmente nel 1995 nelle opere degli autori contemporanei del nostro campione risulterebbe pari a 3,21 euro (3,67 euro per l’oro), mente lo stesso investimento nelle opere degli autori moderni appartenenti al nostro campione avrebbe garantito solo 1,16 euro, seppure con un livello di rischio nettamente inferiore (il coefficiente di variazione è pari a 0,16 per l’arte moderna, contro lo 0,41 dell’arte contemporanea). Riducendo il campo d’osservazione al periodo 2006-2010, un euro investito a inizio periodo otterrà un ritorno positivo solo dall’allocazione in oro (2,30 euro), in opere d’arte compravendute sul mercato internazionale (1,14 euro), nel segmento contemporaneo italiano (1,04 euro) e, infine, in case situate in una grande area urbana (1,02 euro), ma non nel segmento moderno (0,82 euro) e nel mercato borsistico italiano (0,60 euro) o statunitense (0,98 euro).

Nel primo semestre 2010, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, è aumentato lievemente il peso (da 1,04% a 2,23%) del ”grande collezionismo” – orientato all’acquisto di opere di valore superiore a 300mila euro – a fronte di una riduzione significativa (da 81,34% a 77,42%) del ”piccolo collezionismo” – basato su acquisti fino a 20mila euro. Se, da un lato, si può considerare accresciuta la selezione di opere di qualità da parte degli acquirenti per tutti i segmenti, dall’altro, lo spostamento verso il basso della fascia di prezzo a cui vengono proposte e acquistate le opere d’arte, verificatori nel pieno della crisi del biennio 2008-2009, può ritenersi esaurito.

CONTATTI
OSSERVATORIO SUL MERCATO DEI BENI ARTISTICI
Nomisma – Società di Studi Economici
tel. +39 051.6483345
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