Le aliquote sembrano ormai fissate al 19 e al 21%

Dopo il voto del parlamento la cedolare secca sugli affitti contenuta nella decreto sul federalismo municipale farà parte delle imposte italiane. Ora sembra che le aliquote siano ferme su due livelli di tassazione:
– al 21% per i contratti a canone libero (i cosiddetti 4+4, con riferimento agli anni della durata),
– al 19% per i contratti a canone concordato, cioè stipulato sulla base di contratti-tipo definiti in sede locale tra organizzazioni dei proprietari e degli inquilini (3+2 per la loro durata inferiore).


A prima vista è un alleggerimento fiscale per i proprietari di casa che affittano. Infatti attualmente il reddito da locazione si aggiunge agli altri redditi e viene tassato con le aliquote ordinarie (e progressive). Da quest’anno invece l’affitto verrà tassato a parte con un’aliquota sola, più bassa. E la cedolare sostituirà anche altre imposte come l’addizionale regionale Irpef, l’imposta di registro (che è del 2% sul valore del contratto) e di bollo.

Comunque sanzioni pesanti per chi non registra il contratto d’affitto. Insieme dovrebbero servire a portare allo scoperto gli affitti in nero. Ma non sempre è conveniente.

L’adozione della cedolare non è obbligatoria
Infatti questa tassazione alternativa può anche non essere conveniente per il proprietario.

In primo luogo perché l’aliquota Irpef ordinaria più bassa (per chi guadagna meno di 15mila euro all’anno) è del 23%, quindi superiore alla cedolare; ma con la tassazione ordinaria si ha diritto alle deduzioni e detrazioni d’imposta e con la cedolare no. Quindi in alcuni casi la tassazione finale potrebbe essere più leggera con il regime ordinario.

In secondo luogo con l’adozione della cedolare il proprietario non può aumentare l’affitto, neanche dell’abituale aumento Istat. Questo dunque può congelare l’affitto per molto tempo, anche se i prezzi di mercato riprendono a salire.

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