L’obbligo di contribuire alle opere eseguite da un consorzio di bonifica e, quindi, l’assoggettamento al potere impositivo di quest’ultimo, postula, ai sensi dell’art. 10 del r.d. 13 febbraio 1933, n. 215, la proprietà di un immobile che sia incluso nel perimetro consortile e che tragga vantaggio, cioè un incremento di valore, da quelle opere.
Detto vantaggio, peraltro, deve essere diretto e specifico, conseguito o conseguibile dal singolo fondo a causa della bonifica, cioè idoneo a tradursi in una qualità del fondo, non essendo sufficiente un beneficio relativo al complessivo territorio e meramente derivante solo per riflesso dall’inclusione in esso del bene.

Non è quindi sufficiente qualsiasi tipo di vantaggio, ma è necessario che si tratti di un vantaggio di tipo fondiario, cioè strettamente incidente sull’immobile soggetto a contribuzione, e derivante dalla bonifica e non dalla pura e semplice inclusione del bene nel relativo comprensorio, pur potendo essere potenziale o futuro.
Il beneficio non può essere generico, perché non attiene al territorio nel suo complesso, ma al bene specifico di cui si tratta: sarebbe altrimenti perduta l’inerenza al fondo beneficiato, la quale è invece assicurata dal carattere particolare (anche se ripetuto per una pluralità di fondi) del vantaggio stesso.
Non rileva quindi il beneficio complessivo che deriva dall’esecuzione di tutte le opere di bonifica, destinate a fini di interesse generale; non rileva il miglioramento complessivo dell’igiene e della salubrità dell’aria; occorre un incremento di valore dell’immobile soggetto a contributo, in rapporto causale con le opere di bonifica (e con la loro manutenzione).
Lo ha detto la Cassazione-sezione tributaria nella sentenza 21.1.2011 n. 1386 (Pres. Adamo, rel. Persico).
Corrado Sforza Fogliani
presidente Confedilizia

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