Fiscalità sulle case, una tassazione patrimoniale che non ha paragoni

di Redazione Commenta

Sugli immobili urbani gravano tributi di vario tipo: patrimoniale (sui quali è necessario soffermarsi più avanti in modo particolare), reddituale (l’Irpef e relative addizionali comunali e regionali, nonché l’Ires); sui trasferimenti (Iva, imposta di registro, imposte ipotecaria e catastale, imposta sulle successioni e sulle donazioni).
Ma il settore è colpito, direttamente o indirettamente, da un’altra serie di forme di imposizione: dall’Irap (in relazione ai fabbricati non strumentali) alla tassa o tariffa sui rifiuti; dall’imposta sostitutiva sui mutui al tributo provinciale per l’ambiente. Fino ad arrivare ai contributi ai Consorzi di bonifica, di cui la giurisprudenza ha da tempo riconosciuto la natura tributaria.

Sui tributi di tipo patrimoniale, come detto, è importante puntare l’attenzione in modo specifico, in un momento – peraltro caratterizzato da una ben nota incoerenza fra reddito e patrimonio – in cui da molte parti viene richiesta (peraltro, sempre a carico di categorie differenti da quelle che la richiedono) l’istituzione di un’imposta patrimoniale (che – sempre nelle mire della gran parte dei richiedenti – dovrebbe estendersi anche ai patrimoni mobiliari ed agli immobili rustici).
Ed è bene dire con chiarezza che in un ordinamento fiscale caratterizzato dal principio della tassazione su base reddituale, gli immobili urbani sono gli unici beni tassati su base patrimoniale, attraverso una serie di tributi: l’Ici, soppressa nel 2008 esclusivamente per le abitazioni adibite ad abitazione principale, e con esclusione delle unità immobiliari di categoria A/1, A/8 e A/9; la stessa Irpef sulle “seconde case”, e comunque su tutti gli immobili tenuti a disposizione, con le relative addizionali comunali e regionali, essendo in questi casi tassato un reddito meramente figurativo; l’Imu (che sostituirà l’Ici e parte dell’Irpef a partire – salvo anticipazioni – dal 2013), che dell’Ici replica il vizio di fondo, vale a dire quello di essere un’imposizione puramente patrimoniale; l’imposta di scopo comunale, un’addizionale all’Ici, di molto appesantita con il decreto sul federalismo fiscale, attraverso la quale i Sindaci possono mettere in cantiere delle opere pubbliche e farsele finanziare al 100% da una sola categoria di contribuenti, quella dei proprietari di casa (in molti casi non votanti in quanto non residenti); l’imposta di scopo provinciale, un’ulteriore addizionale all’Ici appena introdotta con il federalismo fiscale, modellata sull’impianto dell’imposta di scopo comunale ma resa maggiormente pericolosa dal fatto che potrà essere istituita anche per “particolari scopi istituzionali”…; il previsto Tributo rifiuti e servizi-Res: un tributo che, alla parte sostitutiva della tassa/tariffa rifiuti, affianca una componente (del tutto inedita, finora) collegata a servizi indivisibili (dalla viabilità all’illuminazione delle strade, fino alla polizia urbana, per capirci), e quindi irragionevole in sé, ma per di più avente come (assurda) base imponibile il valore catastale degli immobili.
Il quadro sopra descritto dimostra come la fiscalità immobiliare necessiti in Italia di un’azione di equità (anche con riguardo a forme particolari di proprietà).
L’equità fiscale non ammette infatti discriminazioni fra soggetti incisi (specie sulla base delle forme di proprietà, persone fisiche o società) così come non ammette (ed è il civile principio stabilito dalla Corte costituzionale tedesca) che il prelievo fiscale sia – come avverrebbe in Italia, per un gran numero di concrete fattispecie – superiore alla capacità di reddito dei beni colpiti.
Il confronto, poi, con gli altri Paesi sul livello della fiscalità immobiliare, sia urbana che rustica, non può prescindere dalla considerazione che l’immobiliare urbano patisce in Italia una tassazione patrimoniale che non ha paragoni, mentre altrove è caratterizzata dall’essere ancorata al reddito.
Corrado Sforza Fogliani
presidente Confedilizia

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