I rifiuti sono scarti, quello che rimane delle attività dell’uomo. È stato calcolato che la mole di rifiuti che ognuno di noi produce in un giorno è pari a circa 1,5 chili. A questi vanno aggiunti i rifiuti lasciati sulle strade, quelli della lavorazione delle industrie, delle cave e miniere, quelli prodotti dagli agricoltori. Ogni anno finiscono nelle nostre discariche oltre 26 milioni di tonnellate di rifiuti, una montagna di immondizia a cui non è facile trovare una sistemazione. Oggi però abbiamo gli strumenti per raccogliere i rifiuti in maniera differenziata, per riciclare e riutilizzare buona parte di quello che scartiamo, per ridurre la quantità di scarti che produciamo. Se impariamo a distinguere i rifiuti e a separarli l’uno dall’altro, agiamo nell’interesse dell’ambiente e della nostra salute. E in più possiamo risparmiare. Bastano pochi gesti per rispettare e tutelare il mondo in cui viviamo – che non è inesauribile – e quindi noi stessi. Perché i rifiuti sono scarti, ma possono diventare una risorsa.

La produzione nazionale di rifiuti urbani si è attestata a 32,5 milioni di tonnellate, con un incremento di circa 860 mila tonnellate rispetto al 2005. L’aumento più consistente si osserva al Nord Italia, con una crescita del 3 per cento circa, a fronte dei 2,9 punti percentuali al Sud e dell´1,8 per cento osservato al Centro, dove si registra però il valore maggiore pro capite nella produzione di rifiuti, con 638 chili per abitante per anno.
La Toscana, con 700 chili pro capite, è la regione che produce il quantitativo maggiore di rifiuti, seguita da Emilia Romagna (677 chili), Umbria (661) e Lazio (611); in coda alla classifica, la Basilicata con 401 chili pro capite, il Molise (405), la Calabria (476), il Friuli Venezia Giulia (492) e il Trentino-Alto Adige (495).
La discarica è ancora la modalità di gestione dei rifiuti urbani più diffusa, ma la quantità di rifiuti raccolti in maniera differenziata continua ad aumentare. A livello nazionale, infatti, la raccolta differenziata registra una percentuale del 25,8 per cento della produzione totale dei rifiuti urbani, contro il 24,2 per cento rilevato nel 2005. In valore assoluto, la crescita del settore è quantificabile in 700.000 tonnellate, grazie soprattutto al contributo del Nord Italia (circa 447.000 tonnellate), dove la raccolta differenziata è ben sviluppata già da anni.
Lo smaltimento dei rifiuti ha un costo, che inevitabilmente è a carico della collettività. Negli ultimi anni, però, il cittadino ha visto cambiare le modalità di pagamento dei rifiuti urbani.
Prima del Decreto Ronchi del 1997, infatti, buttare due o dieci buste di pattume era la stessa cosa. La “vecchia” TARSU (Tassa per lo Smaltimento dei Rifiuti Solidi Urbani) – ancora in vigore in alcuni Comuni come per esempio Milano – è una tassa che prevede la semplice applicazione di un’aliquota fissata dall’Ente e diversificata secondo gli utenti, da moltiplicarsi per la superficie occupata o, nel caso delle aziende, per la superficie in cui si producono i rifiuti.
Oggi invece si parla di tariffa, ovvero di un pagamento calcolato tenendo conto di più fattori. La Legge Ronchi dà un orientamento sostanzialmente diverso rispetto al passato: più attento all’ambiente (incoraggiando la differenziazione e il riciclaggio dei rifiuti), ma anche più equo verso i cittadini e razionale. Prevede infatti che l’intero costo del servizio sia coperto con la TIA, Tariffa di Igiene Ambientale. Chi produce più rifiuti pagherà di più.

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