Se sul fronte del mercato degli investimenti la percezione di rischiosità del contesto non giustifica professioni di ottimismo, anche su quello al dettaglio la situazione continua a permanere preoccupante.
A pesare negativamente sulle prospettive immediate è, in questo caso, la distanza venutasi a creare tra le capacità di spesa della domanda potenziale e gli attuali valori di mercato, oltreché il venir meno del clima di fiducia, quasi irrazionale, che aveva accompagnato una fase espansiva inusitatamente prolungata. Nonostante il crollo di oltre il 30% dei livelli di attività rispetto ai picchi del comparto residenziale, i prezzi continuano ad evidenziare, a tutt’oggi, un’eccellente capacità di tenuta, come si può apprezzare anche dall’ultima rilevazione congiunturale.

In un contesto che, in poco tempo, ha visto sviluppare una diffusa e massiccia dipendenza da credito per garantire l’accesso al settore, il mantenimento dei livelli di prezzo raggiunti, a fronte di un deterioramento delle capacità reddituali attuali e prospettiche, nonché di un significativo irrigidimento dei criteri che disciplinano l’allocazione da parte delle banche, rappresenta di fatto una barriera all’entrata quasi insormontabile.
L’insolita e, per certi versi, forzosa distanza che separa le famiglie italiane e l’acquisto della casa è emersa in maniera inequivocabile dalle risultanze di un’indagine Nomisma del maggio scorso, da cui emerge una propensione all’investimento nei prossimi mesi attestata su livelli minimi e una dipendenza da mutuo, decisamente marcata, dell’esigua quota che si è detta interessata all’acquisto.
Per il mercato d’impresa emerge
l’incapacità di attrarre investitori stranieri…

Gli investitori stranieri, specie in una fase come l’attuale, tendono a privilegiare i mercati più solidi dal punto di vista delle prospettive economiche complessive, confermando la propria diffidenza nei confronti dei contesti meno liquidi. Le incertezze legate alla sostenibilità del debito, acuite dalle recenti incursioni speculative, unitamente all’incapacità di realizzare riforme strutturali coerenti con la gravità del quadro, pongono l’Italia in una posizione di oggettivo svantaggio nell’ambito della destinazione target della maggior parte degli investitori cross-border.
Se, dopo la pesante contrazione che ha caratterizzato il biennio i livelli di attività in Europa sono aumentati per il sesto quadrimestre consecutivo, non può non sfuggire il fatto che il nostro Paese continui ad avere un ruolo marginale a vantaggio, non solo dei mercati tradizionalmente di maggiore appeal, quali Regno Unito, Olanda e Francia, ma di realtà più solide dal punto di vista dei fondamentali economici (Germania e Svezia) e, in prospettiva, dei Paesi dell’Europa orientale se non addirittura della Spagna.
Il mercato italiano rimane, dunque, prevalentemente appannaggio degli investitori domestici, scontando le conseguenze dell’innalzamento del livello di rischiosità percepita. Al proposito si pensi che, con l’impennata recente di natura speculativa dei rendimenti dei titoli di Stato, il differenziale tra i BTP decennali e i rendimenti primari di uffici a Milano è approdato addirittura in territorio negativo, analogamente a quanto potrebbe accadere entro fine anno nel West End di Londra, ovvero il principale mercato europeo. La fragilità del quadro sembra giustificare la ritrosia degli investitori stranieri nei confronti dell’Italia.
Revisione al ribasso delle previsioni…
Nella definizione degli scenari futuri, sia sul versante corporate che su quello retail, l’offerta giocherà un ruolo tutt’altro che marginale. Al di là dell’inevitabile adeguamento delle aspettative di ricavo alle mutate condizioni di mercato, sarà soprattutto l’elemento quantitativo ad avere un effetto decisivo nell’orientamento delle dinamiche di breve-medio periodo. L’ingente mole delle iniziative in fase di sviluppo o anche solo programmate, da una parte, e le garanzie immobiliari di crediti in default che le banche stanno faticosamente cercando di gestire, dall’altra, rischiano, infatti, di concorrere ad alimentare un mercato incapace di garantire un adeguato assorbimento.
Alla luce della situazione delineata, la prospettiva di stagnazione che emerge dalle risultanze dei modelli econometrici (oltreché dall’analisi delle dinamiche delle crisi precedenti) rappresenta, ad oggi, la massima professione di ottimismo possibile.

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