Dichiarazioni del presidente Achille Colombo Clerici al Corriere della Sera. “Correva l’anno 1949. Milano aveva allora, grosso modo, la popolazione odierna, ma era appena uscita da una guerra che l’aveva dilaniata con i bombardamenti che avevano distrutto più di tremila edifici. A quell’epoca disponeva di un edificato residenziale appena superiore alla metà dell’attuale, e stava fronteggiando una immigrazione che l’avrebbe portata, nel giro di trent’anni ad aumentare la propria popolazione di oltre 500 mila unità. Quel primo di gennaio del’49 il Cardinale Idelfonso Schuster aveva davanti agli occhi l’immagine di tre morti per assideramento, il giorno di Natale; ne avevano parlato a lungo tutti i giornali. L’uno senza fissa dimora – scriveva nella sua omelia di Capodanno – l’altro trovato morto per assideramento nel suo abbaino, il terzo in un angolo di un edificio sinistrato. Sono le conseguenze tragiche e dolorose della mancanza di abitazioni in città e fuori. Non ci sono case! E’ impossibile fabbricarne per la situazione finanziaria, per il costo del materiale, per il costo della manodopera. Il Presule osò allora muovere un appello alle forze sociali ed economiche della Diocesi per il varo di un progetto straordinario, volto alla realizzazione di case per quanti ne fossero privi. La città accolse con slancio l’invito. Si costituì l’opera Domus Ambrosiana, (presieduta dapprima dall’Ing. Franco Ratti, nipote di Papa Pio XI, ed in seguito dal Senatore Luigi Davide Grassi, allora presidente di Assoedilizia), che nel giro di pochi anni realizzò in periferia tre moderni quartieri costituiti da tredici fabbricati dove trovarono dignitosa sistemazione 239 nuclei familiari ad affitti addirittura inferiori a quelli praticati dall’Istituto case popolari.

L’iniziativa dell’Arcivescovo, di avanguardia per quei tempi, fu di grande stimolo morale per quanti avevano la responsabilità di gestire il problema abitativo nella nostra città e nel nostro Paese. Il mondo della politica fu sensibilizzato al problema, da quell’appello: ne scaturirono i due più importanti provvedimenti per la casa di tutto il secondo Dopoguerra: il piano Fanfani (del 28 febbraio ’49) per l’edilizia sociale e la legge Tupini (del 2 luglio dello stesso anno) che prevedeva l’esenzione venticinquennale dall’imposta sui redditi dei fabbricati per coloro che avessero investito in case da dare in locazione. Entrambi permisero di affrontare i gravi problemi abitativi dell’epoca: il primo favorendo la costruzione di 300 mila abitazioni di edilizia residenziale pubblica, l’altro secondando l’offerta, negli anni, di 10 milioni di alloggi, più o meno il 40 % dello stock abitativo nazionale: il doppio dell’attuale proporzione.”

www.assoedilizia.it

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