Affitti: le regole

di Redazione 3

Chi paga le spese, tra proprietario e inquilino, in un’ abitazione affittata? Bisogna innanzitutto distinguere tra tre tipi di contratti. Quelli a canone convenzionato (locazioni di 3+2 anni di durata, transitorie e per studenti universitari), quelli a canone libero (4+4 anni di durata) e infine quelli sottratti alla legge n. 431/1998 (i più comuni sono le locazioni turistiche e quelle dei box).
Contratti a canone convenzionato
La suddivisione delle spese è stabilita dall’ allegato G al Decreto ministeriale 30 dicembre 2002. Le spese di manutenzione ordinaria sono a carico del conduttore, quelle di manutenzione straordinaria del locatore. I costi dell’ eventuale servizio di portierato, invece, vanno spartiti al 90% all’ inquilino e il 10% al proprietario. Nell’ allegato G non sono però riportate alcuni spese (per esempio quelle sopportate per l’ amministrazione dello stabile o per le polizze condominiali), che resta possibile attribuire liberamente nel contratto.

Contratti a canone libero
Va fatta una distinzione. Se nel contratto non esistono clausole o allegati in merito alla spartizione delle spese, valgono le regole stabilite dall’ articolo 9 delle legge n. 392 / 1978 (il cosiddetto equo canone), mai abrogato dalla norma di riforma delle locazioni, la legge n. 431 / 1998. In seconda battuta, contano le norme del codice civile (articoli 1576 – 1577, 1592 – 1593 e, soprattutto, 1609 – 1610). Gran parte dei giudici ritiene che l’ allegato G al decreto sia un ottimo punto di partenza per stabilire la spartizione anche per questi contratti, avallata negli accordi raggiunti tra associazioni dei proprietari di casa e degli inquilini. Però il contatto potrebbe stabilire condizioni diverse di assegnazione delle spese, facendo espressamente eccezione alle norme di legge (per esempio attribuendo all’ inquilino alcune o tutte le spese di manutenzione straordinaria).

Contratti non soggetti alla legge n. 431/1998
Poiché per essi non valeva nemmeno la vecchia legge sull’ equo canone, l’ unico riferimento possibile sono le norme del codice civile. Il codice fa carico all’ inquilino delle sole spese relative alla piccola manutenzione dipendenti da deterioramenti prodotti dall’ uso e non quelle dipendenti da obsolescenza o da caso fortuito (un incidente, o gli effetti di poggia, neve o fulmini). Si tratta di un ambito assai più limitato di quello previsto dalla manutenzione ordinaria.

Locazioni a canone libero
Sono le più diffuse. La distinzione fondamentale pare quella tra opere di manutenzione ordinaria e straordinaria, le prime attribuite agli inquilini, le seconde ai proprietari. Per differenziarle, i giudici fanno riferimento agli articoli 1004 – 1005 del codice civile sull’ usufrutto. Essi assegnano al proprietario le riparazioni straordinarie (stabilità muri maestri e volte, rinnovamento per intero o di parte notevole del tetti, delle scale, dei muri di sostegno e di cinta). Invece l’ usufruttuario (e l’ inquilino) hanno a carico la manutenzione ordinaria nonché le spese di amministrazione e custodia.

Manutenzione straordinaria a carico dell’ inquilino
La riforma delle locazioni (legge n. 431 / 1998) non si pronuncia sulla spartizione delle spese tra proprietario e inquilino. Apparentemente, si limita infatti a tenere in vigore l’ articolo 9 della legge dell’ equo canone, che riguarda proprio la suddivisione dei costi di manutenzione ordinaria e straordinaria e cancella l’ articolo 23, che stabiliva che, in caso di riparazioni straordinarie, il proprietario avesse diritto a “un aumento non superiore all’ interesse legale sul capitale impiegato nelle opere e nei lavori effettuati”. In realtà abroga anche l’ articolo 79 dell’ equo canone che vietava qualsiasi pattuizione che attribuisse un vantaggio in contrasto con le disposizioni di legge.

Perciò la maggioranza dei giudici è stata concorde sul fatto che è possibile, in un contratto di 4 + 4 anni a canone libero, attribuire all’ inquilino anche le spese di manutenzione straordinaria, purchè tale deroga alla legge sia chiaramente espressa. Non tutte, certamente, altrimenti un proprietario, a pochi mesi dalla scadenza della locazione, potrebbe rifarsi completamente l’ appartamento a spese dell’ inquilino: una conseguenza evidentemente abnorme.

L’ interpretazione più probabile
L’ inquilino dovrà sopportare per intero il costo delle opere decise in assemblea condominiale. Viceversa quasi mai dovrà pagare le riparazioni straordinarie nell’ appartamento in cui vive. Infatti il patto contrattuale di locazione vede come oggetto l’ appartamento così come è. Sono inoltre vietate (articolo 1582) le innovazioni eseguite dal proprietario “che ne diminuiscano il godimento”. Non solo: in caso di riparazioni urgenti, che si protraggano oltre 20 giorni, il conduttore ha diritto a una riduzione del canone, “proporzionata all’ intera durata delle riparazioni stesse e all’ entità del mancato godimento” (articolo 1584). Infine, l’ articolo 1609 mette a carico del proprietario le spese dipendenti da deterioramenti prodotti da vetustà o da caso fortuito.

Eccezione alle norme del codice civile
Un contratto di locazione può fare espressa eccezione anche alle norme del codice civile. Ma un giudice potrebbe non essere d’ accordo, valutando la clausola di deroga troppo in contrasto con quelle considerate vessatorie dal Codice, anche nei contratti tra privati. Oppure ritenendo che così si otterrebbe un incremento indiretto del canone (un patto nullo, secondo l’ articolo 1 3 della legge n. 431 / 1998).
Poiché la deroga alle norme è comunque possibile, in genere nei prestampati di locazione viene fatto “rivivere” l’ articolo 23 della legge sull’ equo canone: in sintesi, la manutenzione straordinaria resta pagata dal proprietario, ma in compenso egli ha diritto a un aumento del canone pari (oggi come oggi) al 3% dei costi sopportati.

Commenti (3)

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