Come affrontano il rischio sismico le Regioni?

di Redazione 1

Le norme locali sono centinaia, molte messe a punto proprio inseguito a terremoti catastrofici, come quelli avvenuti in Friuli, Campania, Umbria, Marche e Molise. Nello spirito della prevenzione, abbiamo scelto, però, di esaminare le norme di alcune Regioni tra le meno colpite dai terremoti – Lombardia, Toscana ed Emilia Romagna – per offrire uno spaccato di come è stata affrontata, fuori dalla stretta emergenza, questa difficile realtà.

In Lombardia, l’ individuazione delle zone sismiche e le norme tecniche fanno capo alla Regione, mentre le Province sono competenti per la progettazione, l’ esecuzione e la gestione di opere di difesa del suolo e per il controllo delle costruzioni in zone sismiche. Non ci sono Comuni in zona 1, quella a più alta pericolosità, ma ce sono 41 in zona 2 (media sismicità), e 238 in zona 3 (bassa sismicità) mentre l’ 84% dei municipi lombardi è in zona 4 (la più sicura). La provincia più esposta è Brescia, con 32 comuni in zona 2 e 116 in zona 3.

La legge 12 / 2005 vincola i Comuni Sismici all’ aggiornamento della classificazione del territorio in funzione delle amplificazioni sismiche valutate. La delibera n. 8 / 1566 / 2005 è norma regionale di riferimento per quanto riguarda la microzonazione a livello comunale. In attesa dell’ entrata in vigore delle nuove norme tecniche per le costruzioni nazionali, solo nei 41 Comuni a medio pericolo è imposta la progettazione antisismica, fatta eccezione per gli edifici strategici (ospedali, sedi degli enti locali, scuole, centri anziani) e le opere rilevanti (per esempio viadotti e aeroporti).

L’ analisi della sismicità è condotta su tre livelli di diverso approfondimento, il primo obbligatorio in tutti i Comuni lombardi, il secondo solo in quelli in zona 2 e 3, il terzo solo nella progettazione di costruzioni con affollamenti significativi, industrie pericolose, reti viarie e ferroviarie critiche e costruzioni con funzioni pubbliche o strategiche importanti.

In Toscana
La disciplina antisismica toscana è contenuta nelle norme generali per il territorio (legge n. 15 / 2005, articoli 95 – 118) e, a differenza di quanto accade in Emilia Romagna, si applica solo alle zone considerate pericolose, individuate da apposite delibere di Giunta. Dopo il varo di questa legge, era intervenuta la Corte Costituzionale, che con sentenza n. 182 / 2006 aveva bocciato l’ articolo 10 nella parte in cui prevedeva che per l’ inizio dei lavori in zone sismiche non fosse necessaria l’ autorizzazione della struttura regionale competente. Poiché gran parte del territorio regionale della Toscana è classificato a media sismicità (zona 2), dal giorno di deposito della sentenza gli uffici erano stati sommersi da una mole ingestibile di richieste di autorizzazione. Per sciogliere il nodo senza violare le disposizioni di legge la Regione ha adottato (delibera n. 431 del 12 giugno 2006) una nuova classificazione sismica del territorio, spostando 106 Comuni dalla zona 2 alla nuova zona 3 a bassa sismicità ma per la quale le norme antisismiche per la progettazione sono uguali a quelle previste per la zona 2. In questo modo, i progetti delle zone 3S devono essere depositati (per i controlli a campione stabiliti dal regolamento) ma non è richiesta l’ autorizzazione per avviare i lavori.

In seguito è uscito il regolamento (decreto presidente giunta n. 48 del 17 ottobre 2006) che si occupa della vigilanza sulla realizzazione dei lavori in zone a basso rischio. In queste zone è estratto a sorte un certo numero di interventi, che vengono sottoposti a verifica. Il campione è scelto con il criterio piu verifiche per le zone più a rischio: il 10% dei progetti in zone denominate 3 in 4% in zone 3 e l’ 1% in zone 4. Infine, la Dgr 841 / 2007 ha inserito 14 Comuni in quelli a maggior rischio.

Fonte Ance

Commenti (1)

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