Dopo anni di gestazione è stata varata la legge della regione Lazio sul recupero abitativo dei sottotetti residenziali. La nuova norma (Legge 16 aprile 2009, n. 13) giunge dopo che quasi tutte le regioni italiane hanno varato regole su questo tipo di incrementi volumetrici, probabilmente anche sotto l’ influenza del Piano Casa del Governo Berlusconi.

In sostanza è consentito il recupero ai fini abitativi dei sottotetti esistenti alla data di entrata in vigore, riducendo, ai fini della concessione dell’ agibilità, l’ altezza minima media da 2,7 metri a 2,4 per i locali abitativi e a 2,2 metri per quelli a servizi. Nei comuni montani (elencato nell’ allegato alla legge n. 9 / 1999) l’ altezza media ponderale è di 2,2 metri anche per i locali abitativi.

È possibile ridurre a metà, rispetto alle norme nazionali, la superficie delle finestre: dovranno essere di ampiezza di 1 / 16 di quella del pavimento, anziché di 1 / 8. Non vanno considerati nel calcolo, ai fini delle altezze e dei rapporti aeroilluminanti, gli spazi inferiori a 1,5 metri (1,3 metri per i servizi) che vanno chiusi con armadietti.

Ma l’ innovazione più radicale è stata quella di prevedere (in linea con quanto stabilito da Lombardia, Liguria e Umbria, ma in contraddizione con le norme di altre regioni), che l’ edificio possa essere sopraelevato fino a raggiungere l’ altezza minima consentita per il recupero.

Tratto distintivo della legge del Lazio è recepire le nuove preoccupazioni sulla sostenibilità ambientale degli interventi. Deve essere garantito l’ isolamento termico, il risparmio idrico e l’ utilizzo di fonti rinnovabili per il fabbisogno di acqua calda (al 50% del consumo) e quello di energia elettrica (perlomeno 1 kW di potenza dell’ impianto). Queste prescrizioni, contenute nell’ articolo 6, necessitano senz’ altro di chiarimenti: per esempio, in un condominio potrebbe essere difficile assicurare il riutilizzo delle acque piovane o l’ installazione di pannelli solari, senza scontrarsi con l’ opposizione di altri proprietari.

Per il resto è resa piuttosto difficile la realizzazione di unità immobiliari autonome (che non siano, cioè, semplici ampliamenti di un’ abitazione sottostante già esistente). Infatti in tal caso occorre destinarle i locali per almeno 5 anni a locazione a canone concordato (a meno che siano utilizzate come prima casa da un parente in linea retta del proprietario).

Inoltre, occorre recuperare spazi per parcheggi pertinenziali o, in caso di impossibilità, versare al comune di una somma pari al costo base di costruzione per metro quadrato di spazio per parcheggi da reperire.

Il recupero resta impossibili nei centri storici (zone omogenee A) e i comuni possono, entro 6 mesi, delimitare ulteriori zone escluse o anche decidere un incremento del contributo di costruzione, nel limite massimo del 20%. Deve essere monetizzato anche l’ aumento di volumetria se superano i limiti di densità edilizia stabiliti dal Dm 2 aprile 1968.

Fonte: Ufficio Studi Confappi – Federamministratori

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