Pur in un clima di crisi conclamata e globale quale quella che stiamo attraversando e per la quale trapelano solo sporadici segnali di difficile e lenta ripresa, nelle sei grandi città italiane le famiglie tornano a investire, anche nel settore immobiliare che, pur tuttavia, continua a seguire un trend discendente.
I dati ufficiali 2008 dell’ Agenzia del Territorio confermano un calo generale delle compravendite superiore ad almeno il 10% nelle città di Roma, Napoli,Torino, Milano, Genova e Palermo e i risultati della presente Indagine Tecnoborsa sulle stesse città sono in linea per quanto riguarda il biennio 2007 – 2008 e prevedono, inoltre, un ulteriore calo per il 2009 – 2010, comprese le locazioni.
Secondo i dati preliminari del Ministero dell’ Interno, ad aggravare la crisi nelle aree metropolitane a più alta tensione abitativa nel 2008 ci sono state 51.390 nuove sentenze di sfratto (+17,14% sul 2007), in pratica la maggioranza assoluta, oltre 40.600, sono state per morosità.
Le richieste di sfratto presentate alla forza pubblica per eseguire gli sfratti sono state 138.040, con un aumento rispetto al 2007 del 26,13%. Gli sfratti eseguiti, invece, sono stati 24.996, l’11,25% rispetto al 2007. A Roma gli sfratti emessi sono arrivati a 53.000 con un incremento del 171%; dati preoccupanti anche per Napoli con 1.800 esecuzioni e Palermo con 1.700.
L’ assenza di edilizia pubblica e gli effetti della crisi economica che mette a rischio posti di lavoro costituiscono il più pesante disagio abitativo degli ultimi dieci anni, per questo è in giacenza una richiesta del Sicet affinché il Governo metta a disposizione i 550 milioni di euro fermi dal 2007 per ultimare e rendere disponibili 12.000 alloggi pubblici che allevierebbero il problema.
Anche il Piano Casa per l’ edilizia abitativa potrà offrire un contributo significativo per fronteggiare la situazione, in particolare per le giovani coppie e gli anziani, nonché contribuire a una nuova modalità di gestione del territorio e al recupero di spazi abitativi.
Mutui a tasso variabile. Basta con euribor, tasso privato definiti da banchieri ed indipendenti dalla politica di BCE! Si sostituisca con tasso istituzionale. In Italia il tasso medio sui muti (5,86 %) supera di oltre mezzo punto quello medio europeo (5,31 %). La differenza tra il tasso di riferimento BCE, sceso al 3,25% ed il tasso Euribor trimestrale (al quale sono legati la maggior parte dei mutui indicizzati), oggi definito al 4,474 per cento, è diventata intollerabile presentando un differenziale dell’ 1,28 per cento (128 punti base) dopo che per anni è stato di circa un quarto di punto (0,25%) e nell’ultimo anno di circa 1 punto: una indebita appropriazione a danno di 3,2 milioni di famiglie indebitate a tasso variabile, specie in Italia, dove il tasso medio sui mutui, pari al 5,86 %, supera di 55 punti base il tasso medio europeo pari a 5,31 %, (dati di luglio 2008, ultimi forniti da BCE – Bollettino 10/2008). Qualora i tassi indicizzati fossero stati agganciati al tasso BCE invece che all’Euribor, moltissime famiglie, indotte ad indebitarsi a tasso variabile per precise responsabilità delle banche italiane le quali, sapendo degli imminenti rialzi dei tassi negli anni 2004-2005, non concedevano affatto tassi fissi o li sconsigliavano caldamente, secondo la teoria che si può guadagnare dai debiti, avrebbero potuto risparmiare in media 4.800 euro negli ultimi 4 anni, evitando di essere strozzati da tassi ulteriormente maggiorati in Italia. Ecco quale sarebbe l’andamento delle rate di un mutuo a tasso variabile se il tasso applicato riuscisse a scontare l’abbattimento di un punto (nell’esempio, dal 6,60 al 5,60 per cento) deciso da BCE nelle ultime sedute.