Catasto patrimoniale, è caduto un incubo

di Redazione 1

di Corrado Sforza Fogliani, Presidente di Confedilizia

Col Governo Prodi, è caduto – per condòmini, proprietari di casa, risparmiatori dell’edilizia in genere – anche un incubo: quello della messa a regime di un Catasto a base patrimoniale. Propiziato – per quel che se ne sa – dall’Agenzia del territorio (censire i valori è una bazzecola, basta mettere insieme un po’ di ritagli di giornale con offerte immobiliari; per censire i redditi – invece – si richiede una professionalità di riguardo e, soprattutto, un notevole impegno, anche di lavoro), il passato Governo s’è gettato a pesce sull’idea – conniventi i notai, facilitati nei loro adempimenti con un Catasto di questo tipo – per una semplicissima ragione: che in questi anni i valori sono aumentati, e i redditi si sono invece pressoché azzerati. Quindi, a far cassa sono buoni i valori (non certo i redditi).

Naturalmente, in tutti questi mesi (e nonostante reiterati tentativi della Confedilizia) è stato accuratamente tenuto fuori della porta ogni discorso di equità, ed anche di coerenza con lo stesso nostro ordinamento tributario, tutto uniformato – com’è ben noto – al criterio della redditualità: per cui non si spiega perchè solo i risparmiatori dell’edilizia dovrebbero pagare le imposte sulla base del loro patrimonio (come avviene per l’Ici, già), e non del loro reddito. Ma tant’è: così si voleva fare per ragioni – come detto – di cassetta, turlupinando anche qualcuno (che v’è cascato e vi ha creduto, o ha fatto finta di credervi) col dire che i valori patrimoniali sarebbero stati ricondotti a redditi con coefficienti (discrezionali) fissati dal Governo (grazie tante, ma che significa? Allora, tanto vale risparmiare soldi, abolire il Catasto e stabilire le imposte al livello che si vuole, senza infingimenti).

Gli è che, nella passata coalizione governativa, è prevalsa per il Catasto una chiara impostazione antiproprietaria, che ha fatto passare in terz’ordine ogni discorso di giustizia. Ora, però, che l’incubo è passato, occorre pensare seriamente ad un Catasto che rispetti i principii del nostro ordinamento tributario, che sia a base – quindi – reddituale (nel senso di redditi veri e reali, censiti sul territorio). Se l’Agenzia del territorio non saprà farlo, e opporrà resistenze (da incapacità, o da ignavia), si studierà il modo di provvedere diversamente. Ma la via dell’equità e della giustizia, deve essere ripresa. Su questo punto del Catasto a base reddituale, le forze politiche dovrebbero impegnarsi solennemente, e senza giri di parole equivoci. Per ridare serenità, e fiducia nell’avvenire, agli italiani.

www.confedilizia.it

Commenti (1)

  1. Sono un tecnico che conosce il catasto da anni e come tutti quelli che hanno visto gli enormi passi in avanti compiuti nell’ultimo decennio, vede sotto i propri occhi l’inutilità ed il danno economico e patrimoniale che sarà apportato dal decentramento sia in tema di equità fiscale, sia in tema di difesa dei confini di proprietà. E’ evidente che spezzettando il catasto in tanti piccoli catasti non sarà più funzionante, ogni comune interpreterà le norme a modo suo ed è inevitabile che saranno tralasciati gli aspetti tecnici a difesa dei confini per ampliare gli aspetti fiscali. Le s.p.a. (come Roma Entrate S.P.A.) che nonostante le leggi stanno già in parte operando da chi sono pagate? Su youtube.com, digitando la parola ” decentramento catasto” ho trovato un sito che riassume molto bene il problema all’indirizzo http://it.youtube.com/watch?v=wCn6XuBNsvc , che sarebbe opportuno i cittadini conoscessero.
    Cordiali saluti

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