Il nuovo “Rapporto Energia e ambiente” dell’ENEA evidenzia la debolezza strutturale dell’Italia sul fronte dell’innovazione e del cambiamento tecnologico in campo energetico e ambientale. Investire nell’innovazione. Per l’Italia, più che una raccomandazione, si tratta di una vera e propria necessità. La marginalità del nostro Paese nello scenario delle nuove tecnologie energetiche è infatti già oggi evidente, mentre il rispetto degli impegni assunti in sede comunitaria non ammette ulteriori ritardi nella strada che porta all’ammodernamento tecnologico.
È racchiuso in queste considerazioni il messaggio di fondo contenuto nel nuovo rapporto “Energia e Ambiente 2007” presentato dall’ENEA. L’Italia è chiamata ad uscire dall’impasse di cui soffre da lungo tempo in materia energetica attraverso uno sforzo teso a sviluppare sul suo territorio tutte le fonti disponibili per porre le basi di uno scenario energetico a bassa intensità di carbonio. E si tratta di uno scenario che, mentre assegna un ruolo fondamentale alle fonti rinnovabili nel mix di produzione elettrica e all’innovazione tecnologica sul fronte dell’efficienza energetica, chiama in causa necessariamente anche le tecnologie nucleari e quelle relative al carbone “pulito”. In altri termini, il Rapporto ENEA ribadisce come alle questioni dell’approvvigionamento, della sicurezza e del costo dell’energia si debba rispondere efficacemente rendendo più equilibrato l’apporto delle diverse fonti, mentre alle sfide del cambiamento climatico e dell’espansione dei consumi sia necessario rispondere non solo con l’efficienza energetica e con la promozione delle energie a emissione zero, ma soprattutto con l’accelerazione del cambiamento tecnologico.

Un ritardo che pesa sulla competitività: Le sfide poste dai cambiamenti climatici, dalla sostenibilità ambientale e dalla sicurezza degli approvvigionamenti energetici rappresentano, peraltro, solo un aspetto della questione. Queste stesse sfide, infatti, diventano cruciali per accrescere la competitività del nostro apparato industriale sui mercati internazionali. Rappresentano cioè anche sfide economiche che l’Italia ha una estrema necessità di raccogliere e affrontare.Tutto ciò, del resto, è racchiuso nello spirito del SET Plan, il Piano strategico per le tecnologie energetiche che l’Unione Europea ha adottato proprio per far fronte ai vincoli della dipendenza energetica e della sostenibilità ambientale, assicurando nel contempo la necessaria competitività alla crescita del proprio sistema economico. Come sottolineato dal presidente dell’ENEA, Luigi Paganetto, durante la presentazione del nuovo rapporto, «non si tratta di una questione meramente ambientale, ma di una possibilità di crescita economica dell’intero sistema Paese, di una gara con forti implicazioni sulla competitività del sistema industriale».
Di fronte a questa sfida l’Italia parte da posizioni arretrate. In particolare è grave il ritardo del ruolo pubblico, che è invece stato fondamentale per il decollo dei nuovi settori energetici in tutti i Paesi che appaiono oggi più competitivi. L’analisi contenuta nel rapporto ENEA evidenzia la forte contrazione della spesa pubblica per le attività di ricerca e sviluppo in campo energetico. Negli ultimi cinque anni questo valore specifico di R&S è precipitato rispetto al PIL e il confronto con quanto avvenuto nei principali Paesi europei marca impietosamente la distanza che ci separa dall’Europa. In modo particolarmente evidente nel settore delle fonti rinnovabili, ove la struttura delle industrie manifatturiere nazionali mostra una minore concentrazione, una dimensione media di impresa inferiore ed un grado d’innovazione modesto, ancorché con qualche eccezione di rilievo.
Rinnovabili un’occasione mancata: Si tratta di un ritardo che peserà presto anche in termini economici su quello sviluppo tecnologico cui l’Italia è chiamata comunque a partecipare.Chi non avrà investito in ricerca e sviluppo nelle nuove tecnologie – sottolinea a chiare lettere il rapporto ENEA – si troverà infatti da un canto a dover pagare per incentivare la produzione di energia dalle rinnovabili, e d’altro canto ad importare la relativa tecnologia da quei Paesi che si sono mossi con lungimiranza. Inoltre dovrà anche pagare il mancato rispetto degli impegni assunti a livello internazionale per la riduzione della CO2.
Il che, del resto, è quanto sta già avvenendo nel nostro Paese, dove l’incentivazione della generazione elettrica dalle nuove fonti rinnovabili sta già comportando oneri pesanti per il “sistema Paese”. A tutto ciò segue la constatazione che nei confronti di questo settore industriale l’Italia sta sprecando un’occasione irripetibile. Oltre alla riduzione degli impatti ambientali – sottolinea infatti il Rapporto ENEA –lo sviluppo delle tecnologie per la produzione di energia rinnovabile consente di entrare in mercati ad elevati tassi di crescita. La dinamica delle esportazioni mondiali nel settore delle fonti rinnovabili mostra, infatti, incrementi superiori a quelli della media degli altri settori manifatturieri. Con tendenze di espansione dei mercati che risultano ulteriormente rafforzate dalla vertiginosa ascesa dei prezzi petroliferi. Nel 2007 il settore delle rinnovabili ha attirato su scala mondiale investimenti per 148 miliardi di dollari, con un incremento di quasi il 60% rispetto all’anno precedente. Le imprese del settore hanno rappresentato il 19% di tutto il capitale addizionale che è stato investito nel comparto energetico. Nello stesso anno il 23% della nuova potenza installata a livello mondiale, pari a circa 31.000 MW, è riferibile a fonti rinnovabili. Il mercato che si profila è, dunque, immenso, mentre il tempo che resta a disposizione per entrarvi – per quei Paesi che, come l’Italia, ne sono ancora tagliati fuori – si sta esaurendo.

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