Professioni:La riforma secondo l’Anammi

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Per il presidente Bica “il decreto qualifiche non ha cambiato nulla, per riconoscere il ruolo delle associazioni occorre una legge ad hoc. Purtroppo, manca in Italia la cultura delle professioni e del lavoro autonomo. Ma chi andrà a Palazzo Chigi dovrà prendere posizione sul tema “La legge per il riconoscimento delle associazioni non potrà essere rinviata ancora a lungo”. A dirlo è Giuseppe Bica, presidente dell’ANAMMI, che al prossimo governo chiede una normativa in grado di valorizzare il ruolo sociale ed economico delle organizzazioni professionali. In particolare, Bica sottolinea lo scarso dibattito politico sul tema. “I programmi di partito trascurano uno dei dossier più delicati che la prossima compagine governativa si ritroverà sul tavolo – afferma il leader dell’associazione degli amministratori immobiliari – ma chi andrà a Palazzo Chigi non potrà fare a meno di prendere una posizione chiara”. Questo perché, afferma il numero uno dell’ANAMMI, “i professionisti rappresentano una forza in grado di assicurare il 12% circa del prodotto interno lordo italiano”.

Per giunta, di recente, alla beffa si è aggiunta la mistificazione: “Lo si è visto con il decreto qualifiche (Dlgs 206/07) – precisa Bica – che si limita a consentire alle associazioni di partecipare alle piattaforme comuni per la definizione delle competenze nell’Unione Europea e alle conferenze di servizi. In molti, però, hanno voluto vedere nella normativa una sorta di pre-riconoscimento ufficiale”. Una forzatura, come spiega il presidente: “Non è cambiato nulla, per riconoscere le associazioni ci vuole una legge ad hoc”. Le associazioni professionali, al contrario, “hanno dimostrato di meritare un’attestazione ufficiale. Questa deve seguire alcuni parametri già previsti in ambito UE: la costituzione per atto pubblico, la diffusione territoriale della struttura, il codice deontologico, la formazione continua degli iscritti”. Ciò per garantire quello che, nella maggior parte dei Paesi Europei, è l’obiettivo istituzionale dell’associazionismo riconosciuto: la certificazione delle competenze degli iscritti, in pratica il famoso “bollino blu” a tutela dei cittadini. Gli aderenti stessi, oltre alle competenze tipiche della professione, dovranno sottostare agli obblighi associativi (formazione, norme etiche) ed essere esenti da carichi penali. Un sistema di controlli e procedure, insomma, che l’Associazione Nazional-europea degli AMMinistratori di Immobili – la più grande del suo settore in virtù dei suoi 13mila iscritti – sperimenta già da tempo al suo interno, in attesa di approdare ad una legge per il riconoscimento. “Come associazione ci battiamo da anni – sottolinea Bica – per assumere questa importante responsabilità, seguendo l’esempio di altri paesi europei e le direttive UE. Finora non se n’è fatto nulla perché in Italia manca del tutto la cultura delle professioni e del lavoro autonomo. Il che spiega bene come mai non si sia ancora giunti ad una legge di riforma delle professioni”.

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